Molti pediatri, pedagogisti, medici e psicologi sono concordi nel dire no ai compiti. E c'è anche una circolare ministeriale caduta nell'oblio

di Annamaria Villafrate - Titolo provocatorio? Forse sì, ma non troppo. Ci siamo mai chiesti se davvero i compiti per le vacanze violino norme fondamentali, previste per tutelare il diritto di tutti, bambini e adolescenti compresi, a un periodo di sano riposo?

Ogni volta che si deve affrontare questo tema alcuni insegnanti si arroccano su posizioni di chiusura, rifiutando ogni forma di dialogo e di confronto. Il problema viene esaminato solo e sempre dal punto di vista scolastico. Chi insegna non entra quasi mai nel merito del discorso, limitandosi a ribadire che i compiti per le vacanze sono necessari ai fini dell'apprendimento. Dal loro punto di vista, se i ragazzi vengono lasciati a loro stessi, cioè privi di un minimo impegno quotidiano (più o meno forzato), rischiano di dimenticare quanto appreso durante l'anno scolastico.

E così, i compiti per le vacanze vengono assegnati ogni anno. In barba a quanto affermano pediatri, pedagogisti, medici, psicologi e studiosi dei meccanismi della memoria, che sostengono unanimemente l'utilità di un periodo di riposo assoluto (si veda in proposito un articolo dell'Avv. Paolo Storani dal titolo "Compiti per le vacanze o per i festivi - Il pediatra Italo Farnetani dice no!).

L'aspetto che colpisce di più è la refrattarietà a una doverosa autocritica da parte di una fetta di maestri e professori. Proprio loro, che più di chiunque altro dovrebbero avere a cuore non solo lo sviluppo cognitivo, ma anche emotivo dei loro bimbi e ragazzi, sembrano sottovalutarne le ripercussioni sulla salute psicofisica generale.

Appare davvero sconcertante la scarsa propensione del sistema scolastico e di buona parte delle famiglie a mettere in discussione questa consuetudine. Nonostante i pareri degli esperti e dei numerosi esempi che arrivano dall'estero (ndr. in paesi come la Finlandia e la Danimarca, ad esempio, leader in campo educativo e sulla felicità, i compiti a casa finchè i bambini non diventano più grandi sono stati proprio aboliti!).

Il carico di lavoro estivo, quello per le vacanze invernali e i compiti da svolgere nel fine settimana non solo sono demotivanti per gli studenti, che vivono tutto ciò come una punizione, ma privano anche i genitori del sacrosanto diritto di trascorrere il loro tempo libero con i figli e magari di organizzare qualche gita fuori porta con tutta la famiglia.

Nessuno, ad eccezione di qualche esperto, ha mai pensato di dare voce ai diretti interessati. In fondo anche i bambini hanno il diritto di dire la loro.

Una delle poche persone ad averlo fatto è la nota psicologa Maria Rita Parsi, da sempre attenta ai disagi di bambini e adolescenti. Nel suo libro "Le parole dei bambini" ha raccolto il pensiero di chi vive questa ripetuta vessazione sulla propria pelle. Dai racconti dei minori emerge il desiderio e la gioia di poter trascorrere più tempo con i loro genitori. Traspaiono anche la voglia di dedicarsi alle proprie passioni e la consapevolezza che, a causa degli impegni scolastici, la tensione tra le mura domestiche aumenta, perché risulta difficile organizzare le vacanze tenendo conto delle esigenze di tutti. Da qui conflitti, litigi e tanto nervosismo.

In effetti i compiti per le vacanze non riguardano solo lo studente, ma la famiglia nella sua interezza. La stessa famiglia che viene accusata di non interessarsi abbastanza degli impegni scolastici dei figli durante il periodo scolastico è la medesima che poi, quando le vacanze estive lo consentirebbero, risulta privata dell'opportunità di vivere esperienze serene e felici tutti insieme. I compiti finiscono con il rubare del tempo che potrebbe essere usato per recuperare quella qualità del rapporto tanto agognata.

Gli aspetti legali

Ma veniamo agli aspetti più strettamente legali della questione. Forse ad alcuni insegnanti farebbe bene un ripasso!

Tanto per cominciare una circolare ministeriale (la n. 177 del 1969, con un rinvio alla n. 62 del 1964) disciplina il riposo festivo degli alunni e le modalità con le quali dovrebbero essere assegnati i compiti a casa. La circolare invita il personale scolastico a osservare alcuni fondamentali principi per tutelare il diritto dei ragazzi e delle loro famiglie di trascorrere del tempo insieme, in modo da rafforzare i legami affettivi. Nella circolare viene posto l'accento sull'illegittimità di un carico eccessivo di compiti assegnati per l'estate, le festività e i fine settimana, momenti in cui le famiglie hanno diritto a esclusive e intoccabili occasioni d'incontro. Il documento del Ministero sottolinea come i momenti trascorsi in famiglia rappresentano un importante strumento per la formazione e la crescita culturale dei ragazzi, che non possono e non devono limitarsi alle sole attività didattiche svolte in aula e autonomamente sui libri. Pertanto, il Ministero chiede agli insegnanti e ai dirigenti scolastici di non assegnare compiti durante il fine settimana o in concomitanza con giorni festivi.

Uno dei primi sostenitori del diritto al riposo estivo dei giovani studenti è il pedagogista Maurizio Parodi, che nel suo libro "Basta compiti!" evidenzia come i compiti per le vacanze costituiscono una violazione dei diritti umani. In effetti, la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani all'art. 24 sancisce il diritto fondamentale al riposo nei seguenti termini: "Ogni individuo ha diritto al riposo ed allo svago, comprendendo in ciò una ragionevole limitazione delle ore di lavoro e ferie periodiche retribuite". E se è vero che quello degli studenti è equiparabile a un lavoro a tutti gli effetti, la scuola dovrebbe riconoscere e garantire loro un adeguato periodo di riposo, tanto in fatto di quantità quanto in fatto di qualità. Qualcuno potrebbe non condividere l'equiparazione tra alunni e lavoratori e allora vale la pena tirare in ballo anche la Convenzione sui diritti dell'infanzia, che dedica al diritto al riposo dei ragazzi l'articolo 31. In particolare, la carta stabilisce che "gli Stati parti riconoscono al fanciullo il diritto al riposo e al tempo libero, a dedicarsi al gioco e ad attività ricreative proprie della sua età e a partecipare liberamente alla vita culturale ed artistica."

Sarebbe bene che alcuni insegnanti riflettessero su queste considerazioni e si adoperassero per cambiare il loro sistema di insegnamento che rischia oltretutto di avere solo effetti demotivanti e controproducenti sul piano dell'apprendimento.

Non è poi azzardato ipotizzare che, di fronte a reiterarsi di comportamenti che violano sistematicamente i diritti delle famiglie e degli alunni, qualcuno, prima o poi, possa pensare di trascinare nelle aule di un tribunale qualche insegnante con una richiesta di risarcimento del danno. Azione che, se accolta, avrebbe l'effetto di far seguire una valanga di iniziative legali contro quegli insegnanti che si ostinano ad ignorare i problemi di famiglie ed alunni e che si troveranno, prima o poi, con un pignoramento sullo stipendio.

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