L'attuale sistema previdenziale non prevede una pensione di reversibilità al convivente more uxorio

di Lucia Izzo - Non spetta la pensione di reversibilità al convivente more uxorio, poichè ciò non è previsto dall'attuale sistema previdenziale. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, sezione lavoro, nella sentenza n. 22318/2016 (qui sotto allegata) rigettando il ricorso di un uomo il quale avrebbe voluto usufruire della reversibilità della pensione di inabilità della quale era titolare la deceduta convivente "more uxorio" .


La Corte di Cassazione aderisce alla decisione della Corte d'Appello, a sua volta confermativa di quella di primo grado, e rigetta l'impugnazione dell'uomo poichè l'attuale sistema previdenziale non prevede una pensione di reversibilità in favore del convivente "more uxorio".


Inutile per l'uomo dolersi dell'esclusione della riconoscibilità della pensione di reversibilità al convivente more uxorio, evidenziando che attraverso lo strumento interpretativo l'autorità giudiziaria può, in armonia con lo sviluppo sociale e nel rispetto dei parametri costituzionali, oltrepassare ciò che non è specificamente previsto, offrendo a tutti gli individui forme di tutela e garanzia nel godimento dei diritti e nell'esplicarsi dei doveri.


Oltre a non aver per oggetto una specifica denunzia di violazione di legge, il motivo è inammissibile: come correttamente affermato dai giudici della Corte d'Appello, l'attuale sistema previdenziale non prevede una pensione di reversibilità

in favore del convivente more uxorio e la convivenza rileva nel nostro ordinamento ad altri fini. Il rispetto dell'art. 29 della Costituzione, come chiarito dalla giurisprudenza costituzionale, impedisce un'assimilazione totale tra il convivente more uxorio ed il coniuge, cui solo compete la pensione di reversibilità in virtù di un effettivo rapporto giuridico preesistente.


Col secondo motivo il ricorrente si è spinto al punto di affermare l'illegittimità costituzionale dell'art. 13 del Regio decreto-legge n. 636 del 14.4.1939, convertito con modificazioni nella legge 6.7.1939 n. 1272 e successive modifiche, in relazione agli artt. 2 e 3 della Costituzionenella parte in cui non include tra i beneficiari della pensione di reversibilità il convivente more uxorio nonché in relazione all'art. 117 Cost., per il combinato disposto degli artt. 8 e 14 e dell'art. 1 del Protocollo n. 1 e dell'art. 14 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo.


Tuttavia, anche se il principio di uguaglianza nel nostro ordinamento e in quello comunitario impone di disciplinare in maniera analoga situazioni analoghe e in maniera diversa situazioni diverse, la Convenzione Europea, nell'affermare in via di principio l'inesistenza di differenze tra la famiglia legittima e quella di fatto, ha perseguito lo scopo precipuo di eliminare discriminazioni afferenti i diritti fondamentali della persona, fra i quali non può ricomprendersi il diritto alla pensione di reversibilità.


La mancata inclusione del convivente more uxorio tra i soggetti beneficiari del trattamento pensionistico di reversibilità trova una sua non irragionevole giustificazione nella circostanza che il suddetto trattamento si collega geneticamente ad un preesistente rapporto giuridico che, nel caso considerato, manca. Ne consegue che la diversità delle situazioni poste a raffronto giustifica una differenziata disciplina delle stesse


Nemmeno può dirsi violato il principio di tutela delle formazioni sociali in cui si sviluppa la persona umana in quanto la riferibilità dei suddetto principio alla convivenza di fatto "purché caratterizzata da un grado accertato di stabilità", più volte affermata dalla Cassazione, non comporta un necessario riconoscimento al convivente dei trattamento pensionistico di reversibilità (che non appartiene certo ai diritti inviolabili dell'uomo presidiati dall'art. 2 Cost.). Si rileva, tuttavia, che nella sentenza in esame manca qualsiasi riferimento all'ultima riforma del diritto di famiglia relativa alle unioni di fatto, equiparate in buona parte ex lege alle coppie coniugate.

Cass., sezione lavoro, sent. n. 22318/2016

Foto: 123rf.com
Altri articoli che potrebbero interessarti:
In evidenza oggi: