di Lucia Izzo - È responsabile del reato di maltrattamenti in famiglia il marito che in più occasioni ha minacciato la moglie di portarle via i bambini e di farla licenziare, percuotendola periodicamente anche alla presenza dei figli minori. Il reato è integrato anche da condotte realizzatesi in momenti successivi, essendo sufficiente la loro ripetizione, anche se per un limitato periodo di tempo.
Lo ha chiarito il Tribunale di Firenze (giudice Di Girolamo), con la sentenza n. 2690/2016 (qui sotto allegata) confermando l'accusa a carico del marito sollevata dalla moglie, costituitasi parte civile.
A causa del comportamento del marito, diventato negli anni sempre più violento nei confronti della coniuge, sia fisicamente che tramite minacce, nonché assente nella sua vita e in quella dei figli, la donna sporge diverse querele a causa dell'ormai clima di terrore in cui l'uomo l'aveva costretta a vivere.
Tra le minacce che l'uomo le rivolgeva emergeva anche quella riguardante il portarle via i bambini e il farla licenziare dal lavoro, tanto da aver costretto la moglie a continue dazioni di denaro con la promessa di allontanarsi dalla casa coniugale.
L'istruttoria dibattimentale conferma quanto affermato dalla moglie: nonostante il partner, a sua detta, avesse sempre avuto un "carattere esuberante" e un passato familiare a sua volta particolarmente violento, l'escalation di aggressività era stata accelerata da eventi come la perdita del lavoro e la morte della di lui madre.
Numerosissimi gli episodi intimidatori e violenti, anche realizzatisi innanzi a testimoni e poliziotti, che avevano prostrato fisicamente e psicologicamente la donna e i bambini, terrorizzati dal padre. Il Tribunale non ha dubbi, l'imputato è responsabile sia del delitto previsto dall'art. 572 c.p., sia di quelli di cui agli artt. per aver colpito la donna con schiaffi e pugni al volto cagionandole lesioni personali.
Per il giudicante, l'elemento oggettivo del delitto di maltrattamenti in famiglia
(art. 572 c.p.) è integrato dal compimento di più atti, delittuosi o meno, di natura vessatoria che determinano sofferenze fisiche o morali, che possono realizzarsi in momenti successivi, senza che sia necessario che essi vengano posti in essere per un tempo prolungato, essendo, invece, sufficiente la loro ripetizione, anche se per un limitato periodo di tempo (cfr. ex multis, Cass. n. 25183 del 19/06/2012).Nel caso concreto è emerso, con chiarezza, che a partire da febbraio/marzo 2013 l'uomo abbia posto in essere condotte offensive, minacciose e vessatorie nei confronti della moglie: le dichiarazioni della donna, costituitasi parte civile, trovano conferma nelle dichiarazioni dei testimoni escussi in sede dibattimentale, nonché nel referto medico in atti e sostanzialmente anche nelle dichiarazioni rese in sede di esame dall'imputato che ha ammesso di aver abusato di alcol, di aver fatto uso di stupefacenti e di aver ingiuriato la moglie, il cognato e la suocera.
Perso il lavoro, spesso ubriaco, del tutto assente e disinteressato delle cose di casa, l'uomo ha progressivamente determinato nella moglie, che non sapeva mai dove lui fosse e cosa facesse, uno stato psicologico di forte sofferenza e tensione, facendo anche credere di avere la disponibilità di una pistola. Ciò ha determinato uno stato di terrore progressivamente cresciuto man mano che, verificatisi gravi episodi, la donna non riusciva ad ottenere un efficace aiuto dalle Forze dell'Ordine, ripetutamente chiamate a contenere le escandescenze del marito.
Una sopraffazione e prevaricazione realizzatasi nel tempo e anticipata dai primi saltuari episodi violenti, sintomatici delle avvisaglie dell'aggressività ai danni della moglie, che hanno condotto all'irreversibile deteriorarsi della intesa coniugale e dal fallimento del loro progetto familiare.
L'uomo va condannato anche per le lesioni cagionate alla moglie, anche alla presenza dei figli minori, in relazione alle quali la stessa ha sporto tempestiva querela: le violazioni accertate devono essere unificate sotto il vincolo della continuazione atteso che risulta evidente come le stesse siano state poste in essere in esecuzione del medesimo disegno criminoso.
Ciononostante, per il Tribunale possono riconoscersi in favore dell'imputato le circostanze attenuanti generiche in ragione del fatto che le condotte delittuose sono state poste in essere, da costui, in un contesto caratterizzato da dolorose esperienze familiari alle spalle e dalla improvvisa perdita di una stabile occupazione lavorativa nonché in ragione del fatto che l'uomo è riuscito, ad oggi, ad assicurare una regolare contribuzione al mantenimento dei figli e a mantenere contatti con loro sia pure alla presenza della madre e presso la ex casa familiare.
Tribunale di Firenze, sent. n. 2690/2016• Foto: 123rf.com