di Lucia Izzo - Niente condanna se il giudice "copia e incolla" la perizia senza motivare adeguatamente l'adesione alla tesi espressa dal perito.
Così ha deciso la Corte di Cassazione, quinta sezione penale, nella sentenza n. 46955/2016 (qui sotto allegata) che ha annullato con rinvio la sentenza impugnata dal ricorrente. In sede di merito, l'uomo era stato ritenuto responsabile del reato di bancarotta fraudolenta documentale, compiuto in qualità di presidente del Consiglio di amministrazione di una s.p.a. poi dichiarata fallita.
In secondo grado era stata disposta perizia contabile e, tra i motivi di ricorso in sede di legittimità, la difesa di parte deduce proprio la mancanza di motivazione per "l'acritica riproduzione nella sentenza, tramite la tecnica del 'copia e incolla', della perizia", con apporto autonomo della corte territoriale limitato al solo trattamento sanzionatorio.
Per gli Ermellini il motivo è fondato: la censura di omessa motivazione o motivazione apparente della pronuncia di responsabilità per il reato di bancarotta fraudolenta documentale, si legge nel provvedimento, coglie infatti pienamente nel segno laddove ascrive alla decisione impugnata di aver operato il mero "copia e incolla" della perizia contabile disposta in secondo grado, senza alcuna autonoma valutazione del suo contenuto.
Il raffronto tra i due atti, spiega il Collegio, consente di apprezzare che le pagine da 5 a 28 della sentenza contengono la pedissequa riproduzione della perizia, come del resto confermato da espressioni quali "lo scrivente" e "il sottoscritto" (che, nella relazione peritale, si riferiscono ovviamente al perito stesso), riproduzione neppure accompagnata dalla precisazione che di tanto si tratta, ma presentata come frutto del pensiero del giudice.
Nonostante al giudice sia consentito, come confermano principi consolidati, porre a fondamento del proprio convincimento, e perfino trasfondere nella motivazione della sentenza, le osservazioni del perito o comunque fare ad esse riferimento, costituisce nondimeno jus receptum, chiarisce il Collegio, che, allorché il giudice ritenga di aderire agli accertamenti tecnici del perito, debba tuttavia motivare, per quanto non necessariamente in modo particolarmente diffuso, tale adesione anche per confutare la tesi contraria sostenuta dalle parti, dimostrando di aver comunque criticamente valutato le conclusioni del perito, senza ignorare le argomentazioni dei consulenti di parte.
Nel caso di specie ciò non è avvenuto, stante la mera passiva trasposizione in sentenza della perizia, non accompagnata da alcuna valutazione di essa, sì che la motivazione della pronuncia di responsabilità deve ritenersi del tutto assente. Parola al giudice del rinvio.
Cass., V sez. pen., sent. n. 46955/2016• Foto: 123rf.com