Avv. Donatella Squillace - Con sentenza n. 46688/2016 (qui sotto allegata), le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno risolto il contrasto giurisprudenziale relativo alla sorte delle statuizioni civili della sentenza di condanna revocata per intervenuta depenalizzazione del fatto di reato.
Invero, secondo un primo orientamento, prospettato nelle sentenze Sez. 5, n. 7124 del 09/02/2016, Portera e n. 14041 del 15/02/2016, Carbone, il giudice penale della impugnazione contro sentenza di condanna mantiene il potere di decidere il ricorso agli effetti civili. Tale orientamento si basa sull'art. 2, secondo comma c.p. che stabilisce in caso di abolitio criminis intervenuta dopo la sentenza di condanna, la cessazione dell'esecuzione di questa e dei relativi effetti penali, potendosi quindi dedurre che gli effetti civili, non disciplinati espressamente, non siano venuti meno con l'abrogazione e continuino ad esplicare i loro effetti. Inoltre, in applicazione dell'art. 11 delle preleggi, («la legge non dispone che per l'avvenire»), la parte civile avrebbe diritto alla decisione sulla propria azione fatta valere precedentemente nel processo penale.
Secondo altre sentenze (n. 14529 del 23/03/2016, Bosco, Rv. 266467, n. 29603 del 27/04/2016, De Mauri, Rv. 267166, n. 33058 del 03/05/2016, Competiello e n. 33544, Rizzuti, n. 21598 del 24/05/2016, Panizzo e n. 24299 del 27/05/2016, Cascarano) i decreti legislativi n. 7 e 8 del 2016 devono essere interpretati unitariamente, per "l'art. 9, comma 3 D. Lgs 8/2016, facendo riferimento generico a tutte le ipotesi in cui il giudice dell'impugnazione dà atto dell'intervenuta depenalizzazione con il dovere aggiunto di decidere sulla domanda civile proposta nello stesso procedimento, si applica anche alla materia regolata dal d.lgs. n.
Si richiama, inoltre, la necessità di un'interpretazione costituzionalmente orientata, poiché la revoca delle statuizioni civili costringerebbe la parte civile ad adire il giudice nonostante il fatto sia stato accertato in un giudizio penale, in violazione dei principi di ragionevole durata del processo e di economia processuale (art. 111 Cost.)
Secondo altro e contrastante orientamento, invece, (n. 15634 del 19/02/2016, Guerzoni, Rv. 266502, n. 14044 del 09/03/2016, Di Bonaventura, Rv. 266297, n. 16147 del 01/04/2016, Favaloro, Rv. 266503 e n. 32198, del 10/05/2016, Marini, Rv. 267002, n. 26862, del 01/06/2016, Raiti; Sez. 5, n. 31643, del 01/06/2016, Lombardo; Sez. 5, n. 31646, del 01/06/2016, Lana; Sez. 5, n. 26840, del 20/05/2016, De Mercato; Sez. 5, n. 19516, del 15/04/2016, Pianta; Sez. 5, n. 31617 del 01/04/2016, Bonzano, n. 26091, del 10/06/2016, Tesi, Rv. 267004 e n. 26071, del 09/06/2016, Rossi, Rv. 267003), l'art. 2, secondo comma c.p. non è applicabile al caso in questione, bensì soltanto alla cessazione dei soli effetti penali in caso di abrogazione sopravvenuta ad una sentenza di condanna definitiva.
Né può applicarsi al D.Lgs 7/2016 il disposto dell'art. 9 D.Lgs 8/2016 poiché si tratterebbe di applicazione analogica di norma eccezionale, non consentita nell'ordinamento vigente.
Le Sezioni unite della Cassazione si sono espresse in favore di quest'ultimo orientamento, osservando che l'art. 12 D. Lgs. 7/2016 prevede una disciplina transitoria nella quale non si fa cenno alcuno al potere del giudice dell'impugnazione di decidere l'appello o il ricorso con riferimento ai capi concernenti le statuizioni civili. Inoltre, il potere di irrogare le sanzioni pecuniarie civile stabilite al posto dei reati abrogati, viene espressamente attribuito al giudice competente a decidere sul risarcimento del danno, che è il giudice civile. Secondo
In via sistematica, osserva
Il divieto di applicazione analogica posto dalle preleggi deve ritenersi operante anche con riferimento all'applicazione del disposto dell'art. 9, comma 3, d.lgs. n. 8 del 15 gennaio 2016, al sistema delineato dal d.lgs. n. 7. poiché "si tratta di discipline rispondenti a criteri strutturali non sovrapponibili". Invero, mentre
Per quanto concerne, infine, il presunto contrasto con l'art. 111 Cost, osservano le Sezioni Unite che
La stessa Corte EDU ha stabilito non sussiste la violazione del diritto di accesso ad un tribunale nel caso di mancata decisione sulle statuizioni civili per essere il procedimento penale chiuso con sentenza diversa da quella di condanna: violazione che, invece, viene ritenuta ravvisabile solo quando la vittima del reato non disponga di rimedi alternativi concreti ed efficaci per far valere le sue pretese, circostanza non applicabile all'ordinamento italiano, che prevede il ricorso al giudice civile.
Le Sezioni Unite risolvono, nella medesima sentenza, anche l'ulteriore contrasto interpretativo relativo al ricorso proposto dalla parte civile, ai soli effetti civili, avverso una sentenza di assoluzione da uno dei reati in ordine ai quali, nelle more del giudizio di impugnazione, si è prodotto l'effetto abrogativo. La sentenza n. 20206 del 27/04/2016, Were, Rv.
Al contrario le sentenze n. 16131 del 24/02/2016, Aureli, Rv. 267001, e n. 35341 del 09/03/2016, Frattina, hanno ritenuto ammissibile detto ricorso, alla luce del disposto di cui all'art. 576 c.p.p.
Le Sezioni Unite ritengono che tale ricorso sia inammissibile poiché il giudizio richiesto dalla parte civile al giudice penale, nella ipotesi descritta, implichi un percorso di accertamento della sussistenza del reato abrogato: accertamento che deve ritenersi, non diversamente da quello penale, impossibile a causa della eliminazione della figura del reato dall'ordinamento penale in virtù dell'abrogazione. La parte civile costituita potrà, dunque, adire ex novo il giudice nella sede naturale per la tutela degli interessi risarcitori senza incontrare preclusioni di cui all'art. 652 c.p.p. non essendosi prodotto alcun accertamento con efficacia di giudicato.
Pertanto, le Sezioni Unite della Cassazione hanno enunciato il seguente principio di diritto: "In caso di sentenza di condanna relativa a un reato successivamente abrogato e qualificato come illecito civile, sottoposto a sanzione pecuniaria civile, ai sensi del d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 7, il giudice della impugnazione, nel dichiarare che il fatto non è più previsto dalla legge come reato, deve revocare anche i capi della sentenza che concernono gli interessi civili. Il giudice della esecuzione, viceversa, revoca, con la stessa formula, la sentenza di condanna o il decreto irrevocabili, lasciando ferme le disposizioni e i capi che concernono gli interessi civili".
Avvocato Donatella Squillace
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Cassazione, SS.UU., sentenza n. 46688/2016