di Lucia Izzo - I social network sono sempre più simili a piazze pubbliche in cui rileva l'atteggiamento delle persone, anche a fini giuridici. Per questo il Tribunale di Prato, nella sentenza n. 1100/2016 (qui sotto allegata), ha ritenuto di addebitare la separazione alla moglie che su Facebook aveva ostentato libertà e trasgressione.
I giudici evidenziano come pacifiche alcune circostanze evidenziate nella richiesta di addebito avanzata dal marito, ad esempio il fatto che la signora avesse effettuato dei prelievi dal conto corrente cointestato ai coniugi, affermando genericamente che questi fossero stati destinati a esigenze familiari, nonché il fatto che la donna fosse stata indagata per furto di corrispondenza dei vicini e nel 2013 avesse abbandonato la casa familiare.
Tuttavia, sotto la lente del Collegio, sono anche i comportamenti "social" assunti dalla donna ad assumere rilevanza: la stessa, ad esempio, aveva pubblicato su Facebook due fotografie, una della sola figlia e una di loro due assieme, in un ambiente tipo discoteca e in abbigliamento aderente, con pantaloni tipo leggings neri e tagliati. Già questo atteggiamento e abbigliamento di madre e figlia, si legge nel provvedimento, appaiono inadeguati, sia per la figlia sedicenne perché troppo giovane che per la madre ultraquarantenne per il motivo opposto.
Ancora, rileva il Tribunale, a giudizio appena introdotto nel marzo - aprile 2014, la signora aveva avuto una relazione con un uomo, o aveva lasciato credere di averla, dato che aveva commentato su Facebook, sotto status del presunto amante ambigui e allusivi, con frasi tipo "è insaziabile … di me!!!".
Il tutto è di gusto quantomeno discutibile, precisano i giudici, se si pensa che anche la figlia poteva leggere. In generale, concludono i giudici, la signora non si presentava al mondo come una moglie vessata e sofferente, ma come una donna libera e molto disinibita.
Il Tribunale ritiene quindi provata la domanda di addebito, nel senso che la signora, ad un certo punto, in vari modi ha infranto il legame di fiducia con il marito, sia per il suo comportamento personale, sia per l'esempio/incitamento alla figlia, vista quasi come compagna di avventure, sia per essersi appropriata di denaro familiare e averlo speso senza renderne conto al marito, sia con condotte strane, forse da cleptomane. Il Collegio ritiene quindi che sia stata la condotta della moglie a determinare la irreversibile crisi del matrimonio.
Tribunale di Prato, sent. n. 1100/2016• Foto: 123rf.com