di Marina Crisafi - La minaccia, poi attuata, di pubblicare su YouTube le conversazioni osè con la ex integra il reato di stalking. Lo ha stabilito la quinta sezione penale della Cassazione con la recentissima sentenza n. 50822/2016 (qui sotto allegata), dichiarando inammissibile il ricorso di un uomo condannato dalla Corte d'Appello di Napoli per atti persecutori (oltre che per diffamazione e molestie) commessi in danno dell'ex fidanzata.
Nella vicenda, l'imputato aveva avuto una relazione con la vittima nell'estate del 2009 e alla decisione di lei di lasciarlo aveva reagito in malo modo, perseguitandola per mesi con telefonate, appostamenti e minacce, compresa quella, attuata, di rivelare pubblicamente sul social network YouTube i loro incontri e le loro conversazioni a sfondo sessuale.
A nulla valgono le doglianze dell'uomo sulla non credibilità delle dichiarazioni della donna (smentite dalle registrazioni introdotte da lui nel processo) e sulla mancata dimostrazione del cambiamento delle abitudini di vita, quale fatto costitutivo dell'evento del reato. Né tantomeno la circostanza, asserita dall'uomo, che il matrimonio della donna, successivo alla pubblicazione delle conversazioni e dei filmati su YouTube dimostrava come nessun pregiudizio fosse derivato alla stessa dalla pubblicazione suddetta.
Per gli Ermellini il ricorso è inammissibile, in quanto si limita a riproporre le doglianze già sollevate in appello trascurando completamente le risposte della corte di merito. Risposte "puntuali", secondo la S.C., sia nell'apprezzare la coerenza, costanza e credibilità della vittima (oltre che del marito e dell'amica), sia nel ritenere lo stalking provato "da ineludibili ragioni di ordine logico in quanto le condotte attribuite all'imputato sono effettivamente idonee a destabilizzare una persona di comune sensibilità".
Cassazione, sentenza n. 50822/2016• Foto: 123rf.com