di Marina Crisafi - Solo la colpa grave della lavoratrice madre può giustificarne il licenziamento entro il primo anno di età del bambino. Lo ha ricordato in questi giorni la Cassazione (sentenza n. 475/2017, qui sotto allegata) giudicando illegittimo il licenziamento di una donna, madre di una bambina di 7 mesi all'epoca dei fatti.
Non c'è dubbio per gli Ermellini sull'abuso compiuto dall'azienda nei confronti della donna che si trovava al momento della sanzione, "in regime di puerperio, dato che la figlia da essa partorita non aveva ancora compiuto un anno di età".
Al riguardo, ricorda la S.C. "gli arresti giurisprudenziali della Corte di legittimità sono costanti nell'affermare che il licenziamento intimato alla lavoratrice dall'inizio del periodo di gestazione sino al compimento di un anno di età del bambino è nullo ed improduttivo di effetti ai sensi dell'art. 2 della legge 1204/71; per la qual cosa il rapporto deve ritenersi giuridicamente pendente ed il datore di lavoro inadempiente va condannato a riammettere la lavoratrice in servizio ed a pagarle tutti i danni derivanti dall'inadempimento in ragione del mancato guadagno (tra le molte, Cass., nn. 18357/04; 24349/10)".
Il giudice di merito, precisano ancora dal Palazzaccio, "ha erroneamente applicato l'art. 8 della l. n. 604/66, poiché la disciplina legislativa di cui al D.lg.vo n. 151/01 non effettua alcun richiamo alle leggi n. 604/66 e 300/70; la nullità del licenziamento è comminata quindi ai sensi dell'art. 54 del d.lgs. n. 151/01 e la detta declaratoria è del tutto svincolata dai concetti di giusta causa e giustificato motivo, prevedendo una autonoma fattispecie idonea a legittimare, anche in caso di puerperio, la sanzione espulsiva, quella, cioè, della colpa grave della lavoratrice".
Per la donna, dunque, va disposta la riammissione in servizio e il diritto alla retribuzione dal giorno del licenziamento.
Cassazione, sentenza n. 475/2017