di Gabriella Lax - «Non si può perdere tempo per il reato di tortura». Questo l'annuncio del ministro della giustizia Orlando nel corso del suo intervento alla cerimonia dell'inaugurazione dell'anno giudiziario a Milano. Dopo aver rivendicato «con orgoglio (...) i passi compiuti nella promozione di diritti fondamentali - il ministro ha confermato nell'aula magna del palazzo di giustizia milanese - l'impegno per l'introduzione del reato di tortura. Non possiamo perdere altro tempo nell'affermare un principio che tra l'altro ci viene richiesto anche in sede europea e internazionale».
Nel nostro Paese era già stata ratificata la convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura, ma nonostante le numerose polemiche e la condanna dell'Europa, non è mai stata fatta una legge specifica sul reato di tortura, inteso da parte di agenti di polizia e altri pubblici ufficiali. Il codice penale, infatti, all'art. 608 prevede limiti per le "misure di rigore" che le forze di polizia possono attuare nei confronti delle persone che si trovano in stato di fermo e arresto, ma in realtà non ci sono molti riferimenti a tutele e garanzie. Sempre nel codice penale, gli articoli 581, 582 e 612 sono invece dedicati ai cittadini che procurano ad altre persone minacce, lesioni, danni fisici o psichici e prevedono pene fino a un massimo di 3 anni, ma le norme non si riferiscono a pubblici ufficiali e le forze di polizia.
La condanna dell'Europa
Questa carenza italiana, ha portato alla condanna della Corte europea dei diritti dell'Uomo, nel 2015, a seguito del noto caso della scuola Diaz a Genova del 2001, quando le forze dell'ordine secondo i giudici misero in atto azioni con "finalità punitive" con una vera e propria "rappresaglia, per provare l'umiliazione e la sofferenza fisica e morale" dei manifestanti contro il G8. La Corte, nel condannare l'Italia, aveva invitato il legislatore a "dotarsi di strumenti giuridici in grado di punire adeguatamente i responsabili di atti di tortura o altri maltrattamenti impedendo loro di beneficiare di misure" in contraddizione con la giurisprudenza europea. La sentenza aveva riaperto il dibattito sul reato di tortura
e aveva portato a un'accelerazione, seppure temporanea, della discussione di un nuovo disegno di legge in Parlamento. Il testo era stato già approvato alla Camera nell'aprile del 2015, dopo un primo passaggio in Senato, e il governo si era impegnato a farlo approvare in via definitiva, ma non trovando un accordo che garantisse voti a sufficienza per renderlo legge si è deciso di sospendere tutto, evitando nel frattempo che tornasse in Commissione con ulteriori ritardi. Tutto è fermo dunque da luglio 2016. Nella seduta del 19 luglio la Lega, che, per bocca di Gian Marco Centinaio, ha definito il reato di tortura «un oltraggio nei confronti delle Forze dell'ordine e di polizia» chiedendo che il testo tornasse in Commissione. La richiesta venne respinta ma il ddl di fatto è rimasto al palo.Cosa prevede il disegno di legge
Il reato di tortura, per come stabilito nel disegno di legge, prevede la reclusione da 4 a 10 anni. Le pene sono diverse se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio, con aggravanti che a seconda dei casi possono portare alla reclusione da 5 a 12 anni. Se dal fatto deriva una lesione personale le pene sono aumentate: di un terzo se la «lesione personale è grave», della metà «in caso di lesione personale gravissima». Se dal fatto deriva la morte «quale conseguenza non voluta», la pena è della reclusione a trent'anni. Se la morte è causata da un atto volontario, la pena è l'ergastolo. Nel testo si parla anche del reato di istigazione a commettere tortura: un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio che istiga un collega rischia da sei mesi a tre anni, indipendentemente dal fatto se il reato di tortura sia poi commesso. Se viene verificato il delitto di tortura, le dichiarazioni ottenute tramite questo sistema non possono essere utilizzate in un processo penale.
La prescrizione per il delitto di tortura, inoltre, raddoppia e ci sono tutele per gli stranieri che rischiano pene corporali e persecuzioni nel caso di respingimento in altri Stati.
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