di Marina Crisafi - Stancarsi del matrimonio non giustifica certo farsi l'amante come diversivo. Lo ha sancito la Cassazione con l'ordinanza n. 15079/2017 depositata oggi, confermando l'addebito della separazione a carico di una moglie per la rottura definitiva con il marito.
La vicenda
La donna proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza che le aveva addebitato la separazione personale dal coniuge, per avere intrattenuto una relazione extraconiugale e abbandonato la residenza familiare senza il consenso di lui, non essendovi prova, secondo la corte di merito, della pregressa intollerabilità della convivenza, ma soltanto di una certa "stanchezza" della moglie verso la vita coniugale.
La stanchezza per la vita matrimoniale non giustifica la relazione
Gli Ermellini concordano con il giudice di merito. Per la sesta sezione civile, infatti, la sentenza impugnata "ha deciso in senso conforme alla giurisprudenza di legittimità, secondo la quale l'allontanamento dalla residenza familiare, ove attuato senza il consenso dell'altro coniuge, a meno che sia avvenuto per giusta causa, costituisce violazione di un obbligo matrimoniale che dà luogo necessariamente a cessazione della convivenza ed è conseguentemente causa di addebito della separazione".
Inoltre, sostengono dal Palazzaccio, è vero che "l'inosservanza dell'obbligo di fedeltà coniugale richiede comunque la prova, da parte di chi richiede l'addebito, del nesso di causalità con l'intollerabilità della convivenza" ma la stessa può essere data anche in via presuntiva, e l'apprezzamento circa la responsabilità di uno o di entrambi i coniugi "è istituzionalmente riservato al giudice di merito e non può essere censurato in sede di legittimità in presenza di una motivazione adeguata".
Da qui l'inammissibilità del ricorso e la condanna della donna anche alle spese di lite.
Cassazione, ordinanza n. 15079/2017
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