di Marina Crisafi - Stop al 41-bis per il boss novantenne. A sancirlo è la Cassazione (sentenza n. 32405/2017 depositata oggi e sotto allegata), in relazione sia alle condizioni di salute del detenuto, d'età particolarmente avanzata, sia al divieto di trattamento inumano e degradante.
La vicenda
Dopo il caso Totò Riina (leggi: "Cassazione: anche il boss ha diritto a morte dignitosa, il caso Totò Riina"), la Cassazione apre al ricorso dell'ergastolano Farinella, 91enne, boss legato alle stragi del 1992, accogliendo il ricorso contro la proroga del 41-bis.
L'uomo era stato condannato all'ergastolo nel 2008, in via definitiva, per il concorso nelle stragi di Capaci e via D'amelio quale capo del mandamento di cosa nostra di San Mauro Castelverde.
Carcere duro, pesano le condizioni di salute e l'età avanzata
A pesare sulla decisione della corte, sulla legittimità della proroga del carcere duro, le condizioni di salute e l'età avanzata del boss.
"La detenzione, in qualunque forma si realizzi - scrivono i giudici - rappresenta una delle manifestazioni più rilevanti del potere punitivo dello Stato diretto verso gli autori di fatti previsti dalla legge come reato ed ha connotati costituzionali di validità molto precisi. La finalità primaria della pena prevista in Costituzione resta quella rieducativa (almeno in termini di aspirazione) ed in tale ambito vi è espresso divieto di infliggere al condannato trattamenti contrari al senso di umanità". Divieto, peraltro, aggiungono da piazza Cavour, "previsto e rafforzato da strumenti giuridici sovranazionali quali la Convenzione europea dei diritti umani e la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea".
L'accoglimento scatta, dunque, perché bisogna verificare la possibile incidenza delle condizioni di salute, unite all'età particolarmente avanzata, sulla complessiva legittimità della proroga del regime differenziato, "sia in punto di divieto di realizzazione di un trattamento inumano o degradante che in tema di analisi della condizione attuale di pericolosità del recluso".
La parola ora passa al giudice del rinvio per il nuovo esame attenendosi ai principi espressi dalla corte di legittimità.
Cassazione, sentenza n. 32405/2017
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