di Valeria Zeppilli - Il Tribunale di Verona, con ordinanza dell'11 maggio 2017 (qui sotto allegata), ha aperto le porte alla possibilità, per la parte, di farsi rappresentare in mediazione dal proprio difensore, precisando, tuttavia, che ciò deve avvenire nel rispetto di condizioni ben precise.
Sì alla rappresentanza in mediazione
Il giudice, in particolare, ha preso espressamente le distanze dall'orientamento giurisprudenziale prevalente che ritiene che la condizione di procedibilità di cui all'articolo 5 del d.lgs. n. 28/2010 possa dirsi avverata solo se le parti partecipino al procedimento personalmente assistite dai propri difensori e non se vi partecipino, invece, solo questi ultimi. Infatti, né la predetta norma né altre del medesimo decreto prescrivono la presenza obbligatoria della parte alla mediazione, tanto che alla stessa "deve riconoscersi natura semplicemente descrittiva di quello che il legislatore ha pensato poter essere lo sviluppo della procedura".
Per il Tribunale, oltretutto, a ritenere diversamente si rischia di favorire l'atteggiamento dilatorio della parte convenuta, che non ha interesse all'avveramento della condizione di procedibilità e che potrebbe quindi continuare per un periodo di tempo indefinito a farsi rappresentare in mediazione per ostacolare la realizzazione del presupposto processuale.
Necessaria una procura specifica
Tale apertura, però, va incanalata entro limiti ben precisi: l'avvocato che partecipa alla mediazione in luogo del proprio assistito deve essere munito di una specifica procura a conciliare.
Nel caso di specie, invece, la parte non era stata rappresentata in sede di mediazione neanche dal proprio avvocato ma da un terzo legale da questo incaricato di sostituirlo. In assenza di uno specifico potere di partecipare al procedimento di mediazione attribuito al difensore e di un potere di delegarlo a terzi, il procedimento va ripetuto: alle parti sono concessi quindici giorni per provvedere.
Tribunale di Verona testo ordinanza 11 maggio 2017• Foto: 123rf.com