di Valeria Zeppilli - Il reato di fuga, previsto dall'articolo 189 del codice della strada, punisce chi si allontana e omette di prestare soccorso dopo aver cagionato un incidente, a prescindere dall'intervento sul posto di altre persone in aiuto dei soggetti rimasti coinvolti dallo scontro.
Con la sentenza numero 32114/2017 del 4 luglio (qui sotto allegata), la Corte di cassazione ha infatti ritenuto infondato il ricorso di un automobilista condannato per essersi dato alla fuga dopo aver cagionato un incidente, che tentava di ribaltare le sue sorti facendo leva sulla circostanza di non essersi reso conto dell'effettiva necessità di assistenza e sul fatto che comunque sul luogo del sinistro era presente un terzo soggetto, che intervenne e che, così facendo, lo avrebbe sollevato da eventuali responsabilità.
Dolo eventuale
Per la Corte, tutti tali elementi non rilevano a nulla e il giudice del merito ha correttamente ritenuto sufficiente ai fini della condanna la circostanza che le vittime avevano effettivamente subito lesioni e il fatto che l'imputato, in ben due situazioni consecutive, si era dato a una repentina fuga: si tratta di aspetti idonei a dimostrare la consapevolezza della necessità di prestare assistenza, almeno sotto il profilo del dolo eventuale.
Del resto, come già affermato dalla precedente sentenza della Cassazione numero 34134/2007, il dolo, con riferimento al reato di cui all'articolo 189, commi 6 e 7, del codice della strada, deve investire non solo l'evento dell'incidente, ma anche il danno alle persone e la conseguente necessità di soccorso. Tale secondo aspetto, però, non attiene per forza all'elemento volitivo, ma può riguardare anche l'elemento intellettivo, con la conseguenza di rendere sufficiente la circostanza che l'agente rifiuti consapevolmente di accertare la sussistenza di elementi idonei a rendere il suo comportamento penalmente rilevante, accettando, quindi, l'esistenza del reato.
Corte di cassazione testo sentenza numero 32114/2017• Foto: 123rf.com