di Valeria Zeppilli - Nella valutazione dell'an e del quantum dell'assegno di mantenimento, assume rilievo anche l'attitudine del coniuge richiedente al lavoro. Per la Cassazione, però, la portata di tale principio va adeguatamente contenuta.
Con la sentenza numero 17971/2017 depositata il 20 luglio (qui sotto allegata) i Giudici hanno infatti precisato che l'attitudine al lavoro del potenziale beneficiario dell'assegno va calata nel concreto e assume rilievo solo quando si sostanzia in un'effettiva impossibilità di svolgimento di un'attività lavorativa retribuita.
Tale analisi, più in particolare, va fatta riferendosi a "ogni fattore individuale ed ambientale" senza limitarsi a prendere in considerazione delle "mere valutazioni astratte ed ipotetiche".
La vicenda
Il caso oggetto della sentenza n. 17971 riguardava la separazione di una coppia di coniugi. La Corte d'appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado, aveva determinato l'assegno mensile dovuto dal marito in favore della moglie in Euro 650,00, tenendo conto che la donna era disoccupata e che non aveva più svolto attività lavorative retribuite di carattere continuativo dal 2014, con la conseguenza che in difetto di una qualunque concreta capacità di guadagno, non rilevava la sua astratta attitudine al lavoro proficuo.
In ragione di quanto visto sopra, tale posizione è stata confermata anche dalla Corte di cassazione e le censure del marito sull'an e il quantum dell'assegno di mantenimento riconosciuto alla moglie sono state dichiarate infondate.
Corte di cassazione testo sentenza numero 17971/2017