di Lucia Izzo - Risarcisce i danni all'ex colui che rimane illegittimamente nella casa coniugale che, all'esito del giudizio di separazione, era stata assegnata all'altro coniuge.
E per la dimostrazione del pregiudizio la prova è semplice in quanto è sufficiente che il proprietario provi che, se ne avesse avuto da subito la disponibilità, avrebbe utilizzato l'immobile per finalità produttive, ad esempio il godimento e la locazione del bene.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, sesta sezione civile, nell'ordinanza n. 20856/2017 (qui sotto allegata), respingendo il ricorso di una donna che si era trattenuta nella casa familiare la quale, all'esito del giudizio di separazione, era stata assegnata all'ex marito, tra l'altro proprietario dell'immobile.
Risarcisce il coniuge chi resta illegittimamente nella casa coniugale
La donna censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha affermato che il danno da occupazione illegittima di un immobile fosse in re ipsa, tuttavia, per gli Ermellini si tratta di una doglianza priva di fondamento.
La stessa Corte in un precedente (sent. n. 20823/2015) ha difatti affermato che l'esistenza del danno è comunque oggetto di una presunzione iuris tantum, superabile con prova contraria.
Assunto condiviso da altra recente giurisprudenza (Cass. n. 25898/2016) secondo cui, nella ipotesi di occupazione "sine titulo" di un cespite immobiliare altrui, il danno subito dal proprietario per l'indisponibilità del medesimo può definirsi "in re ipsa", purché inteso in senso descrittivo, cioè di normale inerenza del pregiudizio all'impossibilità stessa di disporre del bene.
Cià non fa comunque venir meno l'onere dell'attore, quanto meno, di allegare e anche di provare, con l'ausilio delle presunzione, il fatto da cui discende il lamentato pregiudizio, ossia che se egli avesse immediatamente recuperato la disponibilità dell'immobile l'avrebbe subito impiegato per finalia produttive quali il suo godimento diretto o la sua locazione.
Cass., VI sez. civ., ord. n. 20856/2017• Foto: 123rf.com