di Lucia Izzo - Non sussiste la responsabilità professionale dell'avvocato per il solo fatto di aver commesso un errore o un'omissione nello svolgimento del suo incarico. Affinché sussista responsabilità professionale, infatti, il cliente dovrà muovere specifiche censure e dimostrare che, se non si fosse realizzata la condotta asseritamente dannosa, si sarebbe ragionevolmente e probabilmente verificato un esito favorevole della vicenda.
Lo ha stabilito la Corte d'Appello di Milano, sentenza n. 2102/2017 (qui sotto allegata) che ha respinto l'impugnazione della cliente che si era opposta al decreto ingiuntivo ottenuto dall'avvocato per il pagamento di prestazioni professionali.
Per il Tribunale, l'opposizione era apparsa infondata, mentre la richiesta di compenso, formulata dal legale era in linea con quanto previsto dal D.M. 140/2012. Da qui l'appello in cui la cliente deduce l'erronea valutazione del merito della causa con particolare riferimento ai presupposti di esclusione della responsabilità dell'avvocato per l'inadempimento della sua obbligazione.
Avvocati: nessuna responsabilità per questioni che presentano margini di incertezza
I giudici della Corte meneghina osservano che, come chiarito dalla giurisprudenza (Cass. sent. n. 16846/2005), in tema di responsabilità dell'avvocato, verso il cliente, è configurabile imperizia del professionista allorché questi ignori o violi precise disposizioni di legge ovvero risolvi erroneamente questioni giuridiche prive di margini di opinabilità.
In buona sostanza è esclusa qualsiasi responsabilità in caso di questioni rispetto alle quali le soluzioni dottrinali e giurisprudenziali presentino margini di incertezza, in astratto o con riferimento al caso concreto, tali da ritenere giuridicamente plausibili le scelte difensive compiute; questo anche se il giudizio si sia concluso con la soccombenza del cliente.
Come correttamente osservato nella sentenza impugnata, non vi è alcuna prova che l'avvocato abbia omesso di tenere nel debito conto situazioni, informazioni, atti e documenti che le avrebbero consentito un diverso inquadramento della fattispecie.
Il cliente deve dimostrare la ragionevole probabilità di un esito diverso e più favorevole
La Corte territoriale si conforma anche al principio recentemente affermato (Cass. sent. n. 22882/2016) secondo cui l'avvocato non è responsabile per il solo fatto di aver commesso un errore o un'omissione nello svolgimento del suo incarico.
Per accertare la responsabilità professionale, infatti, è necessario che il cliente, dopo aver mosso specifiche censure, dimostri la ragionevole probabilità di un diverso e più favorevole esito in assenza della condotta asseritamente dannosa.
L'appello va dunque respinto, mentre viene accolto quello incidentale dell'avvocato che ha lamentato la non corretta applicazione del principio di soccombenza in relazione alle spese del giudizio: in effetti l'art. 92 del c.p.c. non prevede la compensazione delle stesse alla luce del comportamento processuale delle parti che andranno, dunque, poste a carico della parte soccombente.
Corte d'Appello Milano, sent. n. 2102/2017• Foto: 123rf.com