di Lucia Izzo - Il partner dello stesso sesso può adottare il figlio biologico del suo compagno a cui è unito civilmente secondo quanto disposto dalla legge 184/1983 in casi particolari.
Questo perché le unioni civili rappresentano una famiglia a tutti gli effetti e può sussistere l'interesse concreto del minore al riconoscimento del rapporto genitoriale di fatto instauratosi con l'altra figura genitoriale, seppure dello stesso sesso.
La decisione di avallare la c.d. step child adoption giunge dal Tribunale per i Minorenni di Bologna che, nella sentenza n. 116/2017, si è pronunciata sulla richiesta di adozione avanzata da una donna nei confronti della figlia naturale della compagna a cui è unita civilmente.
Il caso
La coppia, desiderosa di allargare la propria famiglia, si era rivolta a una clinica iniziando un percorso verso la genitorialità. Nonostante dal punto di vista biologico la bambina nata a seguito di tale percorso fosse figlia di una sola delle due, l'altra ricorre ex art. 44, lett d), legge 184/1983 per adottare la piccola.
I giudici sottolineano l'esito positivo delle indagini svolte dai Servizi Sociali e del solido rapporto materno che sussiste con la "seconda mamma" a cui la piccola è legata da un genuino affetto.
Per gli operatori, l'immagine trasmessa sia dal colloquio con le signore, sia dalla visita domiciliare "è quella di una famiglia dai solidi legami emotivi, organizzata rispetto ai ruoli e funzioni, in cui la coppia genitoriale è molto competent, sia sul piano materiale che su quello affettivo".
Per il Tribunale, dunque, appare evidente come la minore riconosca in entrambe i suoi genitori e che la relazione della coppia si distingua per solidità affettiva, costanza nel tempo e comunanza di obiettivi, al punto da dover essere considerata a tutti gli effetti una famiglia, di cui è membro la piccola, sempre trattata come una figlia da entrambe le madri, che come tali si sono approcciate nelle relazioni sociali, affettive e di vita quotidiana, provvedendo al suo mantenimento, alla sua educazione e a ogni altra esigenza.
Unioni civili: famiglie in cui è possibile adottare il figlio biologico del partner
Per i giudici, in un simile contesto la richiesta di adozione merita accoglimento. Il legame genitoriale, nell'ordinamento italiano, può infatti originare da un procedimento adottivo che viene compiutamente disciplinato dalla legge, anche per quanto riguarda casi definiti particolari.
Il menzionato art. 44, lett d), della legge 184/1983, infatti, per i giudici è la norma cardine che consente di confermare come, anche nell'ipotesi di minore concepito e cresciuto nell'ambito di una coppia di fatto, sussista il diritto a essere adottato dalla madre non biologica.
Una conclusione confermata dalla giurisprudenza, richiamata in sentenza (Trib. Minorenni Roma sentt. 30 luglio 2014, 22 ottobre 2015 e 23 dicembre 2015), anche d'appello, secondo cui sussiste un interesse concreto del minore all'adozione da parte dalla madre non biologica nella coppia dello stesso sesso, in ragione del rapporto genitoriale di fatto instauratosi tra il genitore sociale e il minore.
La sussistenza di tale rapporto di fatto e del conseguente superiore interesse al riconoscimento della bigenitorialità va verificato in concreto sulla base delle risultanze delle indagini psicosociali (Corte. App. Roma, 23 dicembre 2015).
Un principio convalidato anche dalla Cassazione (sent. 12962/2016) e confermato, secondo il Tribunale di Bologna, anche dalla legge n. 76/2016 che ha eletto le coppie formate da persone dello stesso sesso, ove sussistenti vincoli affettivi, al rango di "famiglia", così offrendo all'adozione in casi particolari un substrato relazionale solido, sicuro, giuridicamente tutelato.
La clausola di salvaguardia di cui all'art. 1, comma 20, legge n. 76/2016, ammette che l'ipotesi di adozione in casi particolari (ex art. 44, lett d), legge n. 184/1983) possa trovare applicazione anche in caso di impossibilità giuridica di affidamento preadottivo, per non essere il minore dichiarato in stato di abbandono, sussistendo un genitore biologico che ne abbia cura. Ciò varrebbe anche nel caso in cui sussista l'interesse concreto del minore al riconoscimento del rapporto genitoriale di fatto instauratosi con l'altra figura genitoriale, seppure dello stesso sesso.
Per il Collegio emiliano, dunque, dal tenore della legge emergerebbe non una volontà del legislatore a delimitare più rigidamente i confini interpretativi dell'adozione in casi particolari, bensì quella contraria, come si desume dall'art. 1, comma 20. Una conclusione suffragata dalle pronunce successive all'emanazione che in casi analoghi a quello in esame hanno accolto la domanda di adozione ex art. 44 d).
In conclusione, ove le indagini ex lege diano esito positivo, l'adozione risponda all'interesse del minore e vi sia il consenso di tutti i soggetti interessati, "non si comprende come possano essere posti ostacoli alla richiesta di adozione".
Per i giudici "va rimarcato che la relazione affettiva tra due persone dello stesso sesso che si riconoscano come parti di un medesimo progetto di vita, con le aspirazioni, i desideri i sogni comuni per il futuro, la condivisione insieme dei frammenti di vita quotidiana costituisce a tutti gli effetti una famiglia, luogo in cui è possibile la crescita di un minore senza che il mero fattore omoaffettività possa costituire ostacolo formale".
Tribunale Minorenni Bologna, sent. 116/2017• Foto: 123rf.com