"Se sei suicidi al giorno vi sembran pochi" è un articolo di Carlo Troilo, componente dell'Associazione Luca Coscioni che si è particolamente occupato di BIOETICA. Tra l'altro, nel 2004, come potrete leggere nel pezzo, ha perso il fratello, malato terminale, suicidatosi gettandosi nel vuoto. Mi ha gentilmente inviato il lavoro MINA WELBY, compagna di vita di Giorgio, che ringrazio sentitamente. Lascio, quindi, la parola a CARLO TROILO. Ci sono diverse cose che non condivido nell'articolo di Marco Travaglio ("Il medico salva, non uccide") sulla vicenda di Lucio Magri. Vado per punti. Travaglio dice che è ipocrita parlare di "suicidio assistito" e invece si deve parlare di "omicidio del consenziente". E cita l'articolo 575 del codice penale, che a mio avviso non c'entra con il caso Magri poichè riguarda tout court l'omicidio. Vi sono invece altri due articoli sulle scelte di fine vita: il 579, che riguarda il reato di "omicidio del consenziente"; il 580, che si occupa di "istigazione o aiuto al suicidio" (come dire di "suicidio assistito"), ed è quindi quello applicabile al caso Magri. In entrambi i casi sono previste pene detentive molto severe. Ma, imprecisioni a parte, quel che colpisce è il fare riferimento ad un codice penale emanato ottanta anni fa, nel 1930, in pieno regime fascista. Un codice che negli anni settanta - quelli del divorzio e dell'aborto - ha visto spazzati via, grazie alle dure battaglie di politici "riformisti" come i socialisti e i radicali, numerosi articoli ormai in insanabile contrasto con il comune sentire (tra gli altri, il delitto d'onore, il matrimonio riparatore, l'adulterio e il concubinato). In secondo luogo, l'articolo parla del "muro invalicabile" costituito dal "giuramento di Ippocrate". Travaglio sembra trascurare due dati di fatto : 1) che una eventuale legge sulla eutanasia prevederebbe naturalmente (come già nei Paesi che l'hanno legalizzata) l'obiezione di coscienza per i medici, la stessa che nel caso dell'aborto viene invocata dal 70,7% dei ginecologi italiani; 2) che, secondo studi molto autorevoli, negli ospedali oltre il 60% dei malati terminali muore proprio con l'aiuto dei medici, i quali evidentemente sanno coniugare il giuramento di Ippocrate con l'umana pietà per chi soffre inutilmente. L'eutanasia clandestina, dunque, è un fenomeno di massa in Italia. E forse proprio per questo la quasi totalità delle forze politiche ha più volte respinto la richiesta dei Radicali di una indagine parlamentare su questo tema. Perché è meglio seguire l'insegnamento della Chiesa: si fa ma non si dice. In terzo luogo, a Travaglio sembra impossibile - nel caso di una legge sulla eutanasia - definire quali patologie la consentano (ed egli afferma tra l'altro, un po' apoditticamente, che "nessuna patologia, grazie ai progressi della scienza medica, è irreversibile"). E fa balenare il caso di "un parente ansioso di ereditare" che mente al medico sulla volontà del suo congiunto per accellerarne il decesso e passare all'incasso. Eppure, nei Paesi in cui la eutanasia è già legale le patologie sono state precisamente definite ed i controlli contro gli abusi sono rigidissimi. La stessa clinica in cui è morto Magri respinge oltre la metà delle richieste di suicidio assistito per mancanza dei presupposti medici. Infine, Travaglio scrive che "il numero dei suicidi è indice dell'infelicità, non della 'libertà', di un Paese. E quando i suicidi sono troppi - aggiunge - il compito della politica e della cultura è di interrogarsi sulle cause e trovare i rimedi". Ebbene, l'ISTAT ci dice che nel 2008 sono stati 2.828 i suicidi "riusciti", 3.327 quelli "tentati". Sul totale di oltre 6.000, circa 2.000 erano malati terminali: il doppio dei morti sul lavoro, per i quali giustamente si indignano sindacati e partiti. E non sapremo mai il numero dei suicidi per i quali medici amici certificano la "morte naturale" per evitare ai familiari quella sorta di riprovazione morale che ancora, assurdamente, circonda il suicidio. Essendo il fratello di un malato terminale che nel 2004 ha trovato la sua "uscita di sicurezza" gettandosi dal quarto piano, domando a Travaglio: sei suicidi al giorno possono essere definiti "troppi" o non bastano ancora per "trovare i rimedi", cioè per affrontare il tema della eutanasia? - Qui termina il significativo lavoro di Carlo TROILO. La triste fine di Lucio Magri ha dato l'abbrivio ad una poderosa discussione sul tema del SUICIDIO ASSISTITO. Studio Cataldi intende proporsi come un luogo pur virtuale in cui sarà sempre possibile scambiarsi le opinioni, con ferma civiltà. Se Marco TRAVAGLIO, che pubblicò il pezzo qui criticato su "Il Fatto Quotidiano", vuol replicare, noi siam qui pronti ad ospirare il suo contributo.
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Civilista e penalista, dedito in particolare
alla materia della responsabilità civile
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