Il " sesso estremo", praticato in una coppia, deve essere voluto da entrambi altrimenti si configura il reato di stupro.
"Lo famo strano?" Molti ricorderanno questa frase, e' quella pronunciata da Ivano a sua moglie Jessica nel famoso film di Carlo Verdone: "Viaggi di nozze", un film, ad episodi, nel quale si raccontano le vicende tragicomiche di tre coppie di novelli sposi.
Mantenere vivo l'erotismo in una coppia non è semplice, sia che la coppia si sia appena costituita sia che abbia alle spalle molti anni di matrimonio. Per cui, spesso, per ravvivare il rapporto ci si inventa di tutto come ricorrere a "pratiche amorose" estreme nel nome della trasgressione e dell'essere a tutti i costi degli "amanti alternativi".
Ma fare sesso estremo può avere delle conseguenze penali; a puntualizzarlo e' la Cassazione Penale con la sentenza 37916/2012 che ha stabilito che :"va condannato per violenza sessuale chi impone pratiche sessuali estreme a un partner, il quale, mostrandosi consenziente all'inizio del rapporto, manifesta a un certo punto, di non voler andare oltre.
Ai sensi dell'art. 609 bis. C.p. (titolato come violenza sessuale): " chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali è punito con la reclusione da cinque a dieci anni.
Il consenso o la mancanza di dissenso, quindi, nel reato di violenza sessuale sono parte dell'impianto del reato e ne sono elemento, appunto, strutturale per la sua configurazione.
Questa vicenda giudiziaria ha permesso agli Ermellini di introdurre un principio importantissimo che tutela fortemente la donna che subisce violenza dal proprio compagno.
In più occasioni, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che il consenso dell'avente diritto per avere effetto "scriminante" deve essere in correlazione cronologica con il compimento del fatto tipizzato come illecito.
Dunque, tale consenso deve permanere durante lo svolgimento dell'attività sessuale, la quale si caratterizza nella sua liceità proprio per la presenza costante del consenso.
Per cui la scriminante non può essere invocata se l'avente diritto manifesta, "esplicitamente o mediante comportamenti univoci", di non essere più consenziente al protrarsi dell'azione alla quale aveva inizialmente aderito.
Il principio della sentenza stabilisce che : "venuto meno il consenso va da sè che il sesso "estremo" deve essere subito interrotto, in caso contrario si configurerà il "reato di stupro, nei confronti del partner che impone la propria volontà sull'altro.
La Cassazione inoltre precisa che la configurazione del reato persiste anche se la "vittima" dopo aver subito, accetta liberamente altri rapporti col partner-violentatore.
In buona sostanza, non basta il consenso iniziale per avere la libertà di fare ciò che si vuole col partner perchè l'eventuale rifiuto, non rispettato, configurerà il reato di stupro.
Qui di seguito la storia processuale.
Il caso analizzato si riferisce ad una relazione intrattenuta tra un muratore marchigiano 33enne e una ragazza 29enne conosciuta al mare con cui il muratore ha intrattenuto una relazione nel periodo compreso tra maggio del 2009 ad agosto dello stesso anno.
L'evolversi del rapporto tra i due e la conseguente vicenda giudiziaria ha permesso ai Giudici della Massima Corte di introdurre un principio importantissimo che tutela fortemente la donna che subisce violenza dal proprio compagno.
Nel caso specifico, infatti la Cassazione ha evidenziato che facilmente si potrebbe configurare, anche all'interno di una relazione più o menio stabile, il reato di stupro.
Infatti, l'eventuale consenso dato dal partner a compiere "pratiche sessuali estreme" all'inizio della relazione non ha durata illimitata e valida una volta per tutte.
Infatti, sono sempre possibili i "ripensamenti" e questi vanno rispettati e possono avvenire in qualunque momento.
Successivamente la donna si rifiutava di compiere alcune delle pratiche sessuali fatte in precedenza col proprio compagno che di fatto aveva sempre ignorato questo ripensamento continuando a compierle sottomettendo così la donna e la sua volontà.
Questa situazione ha originato un procedimento penale in cui veniva contenstato al muratore marchigiano appunto il reato di sturpo.
Nonostante i legali di quest'ultimo avessero sottolineato ai giudici che i rapporti tra i due erano caratterizzati da una alternanza di consensi e dissensi da parte della donna, come per dire che i dissensi di quest'ultima non erano seriamente espressi, se poi successivamente vi acconsentiva di nuovo ad altre pratiche sessuali.
La Corte con la sentenza n. 37916 del 2102 ha confermato la condanna a tre anni e sei mesi di reclusione per il violentatore (già condannato nella fase di merito dalla Corte d'Appello di Ancona per l'accusa di "violenza sessuale continuata commessa con violenze fisiche e minacce nei confronti della ragazza") stabilendo che l "alternanza" delle fasi consenso-dissenso non minano la verità della denuncia.