- "Vattene via!!! Tu qui non entri più!" Parole semplici da dire quando si litiga con il proprio partner. Ma cacciare il coniuge da casa configura il reato di violenza privata. Parola di Cassazione.
"Siamo due cuori affetti dallo stesso male. Non c'è niente da dire,niente più da fare. Portati via le tue valigie, il tuo sedere tondo, i tuoi caffè..."
Questo brano di Mina rappresenta molto bene i livori e le ruggini che si creano nelle coppie che non si amano più che sanno solo detestarsi e farsi del male.
Quando la convivenza diventa insopportabile spesso si commette l'errore di cacciare il coniuge da casa ma un simile atteggiamento configura il reato di violenza privata; lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 40383/ 2012.
Ai sensi dell'art. 610 c.p. commette violenza privata: Chiunque, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa è punito con la reclusione fino a quattro anni.
La pena è aumentata se concorrono le condizioni prevedute dall'articolo 339 c.p.
Il caso specifico ha ad oggetto un burrascoso rapporto di coppia che ha comportato al marito una condanna per i reati di violenza privata, lesioni personali, danneggiamento e ingiuria ai danni della moglie.
In buona sostanza la moglie, in seguito ai continui litigi con il marito, aveva momentaneamente deciso di trasferirsi dai propri genitori per riappropriarsi di una certa tranquillità. Dopo un po' di tempo decideva di fare ritorno presso l'abitazione coniugale ma, una volta ritornata sul posto, incontrava l'ostilità del marito il quale la cacciava di casa e, in seguito alla discussione che ne era sorta, rompeva degli oggetti che erano in comunione dei beni e sferrava una manata sul naso per impedirle di chiamarme i carabinieri.
L'uomo in sede di giudizio si difendeva affermando che, al momento del fatto, la moglie era tornata a vivere dai suoi genitori e, pertanto, la casa familiare era «in uso» soltanto a lui.
La Corte d'Appello di Palermo,considerata la grave condotta posta in essere
dall' uomo, lo riteneva responsabile di violenza privata, lesioni personali, danneggiamento e ingiuria ai danni della moglie.
Il reato di violenza privata gli veniva contestato proprio per aver mandato via di casa la donna.
La Suprema Corte rigettava poi il ricorso proposto dal marito chiarendo che :"la donna, anche se temporaneamente trasferitasi presso i genitori, aveva il diritto di tornare, nè il marito poteva escluderla dalla casa coniugale non essendovi "provvedimenti di assegnazione" dell'abitazione stabiliti dal giudice.