di Licia Albertazzi - Corte di Cassazione Civile, sezione lavoro, sentenza n. 3224 del 12 Febbraio 2014. E' legittimo il licenziamento di un operaio il quale, dopo essersi provocato una lesione svolgendo attività extralavorative - allenatore non professionista di calcio - ha aggravato le proprie già precarie condizioni di salute? Nel caso di specie tale operaio impugnava il proprio licenziamento, contestando la mancata applicazione da parte dell'azienda dell'istituto del repechage. Attraverso il repechage è possibile procedere ad un reinquadramento lavorativo dell'interessato, valutato il base alle attitudini fisiche e psichiche, adibendolo a mansioni diverse che possono essere efficacemente svolte.
L'onere di provare l'impossibilità del datore a reinserire il lavoratore in altra mansione spetta al primo soggetto e, nel merito, è stato correttamente esaurito; il giudice non può "sindacare la scelta dei criteri di gestione d'impresa, espressione della libertà di iniziativa economica tutelata dall'art. 41 Cost.". Questa prova non è rigida essendo sufficiente che il datore di lavoro dimostri come il lavoratore non sia adibibile a nessun altro tipo di mansione esistente presso l'azienda. Inoltre, le due consulenze tecniche espletate nei gradi di merito hanno dimostrato come la riduzione dell'abilità al lavoro del dipendente sia stata effettivamente causata dallo svolgimento dell'attività sportiva e non dall'impiego presso l'azienda; "non può addebitarsi al datore di lavoro il danno che comunque si sarebbe verificato indipendentemente dalla sua condotta". Il ricorso è rigettato.
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