Di Laura Tirloni - Nel periodo dell'adolescenza, la frequente spinta a compiere azioni criminali può dipendere da componenti di degrado sociale, dal bisogno di riscatto della propria immagine personale e di appartenenza al gruppo e da tentativi di prendere le distanze dalla famiglia d'origine attraverso comportamenti trasgressivi e violenti. Bisogna sottolineare che quanto più precoce è l'iniziazione criminale, tanto maggiore sarà di norma la probabilità che tale condotta si protragga nel tempo. Alla base del comportamento antisociale c'è una sostanziale difficoltà ad accettare e rispettare le regole sociali e la presenza di un disturbo della condotta, un disturbo dell'attenzione con iperattività (ADHD) e di un disturbo oppositivo provocatorio in età prescolare e scolare, risultano predittivi rispetto alla comparsa del disturbo in età adulta.
L'attrazione tipica dell'adolescente verso le emozioni forti, la ricerca del pericolo, la costante sfida nei confronti dell'autorità, il senso di onnipotenza e il pensiero dicotomico "tutto o nulla", se da una parte sono funzionali al processo di individuazione e alla costruzione dell'identità personale, in casi estremi possono facilitare le condotte antisociali. La crisi che caratterizza il periodo adolescenziale è il più delle volte sofferta, ma è anche utile, a patto che non trascini con sé conflittualità affettive e psicologiche irrisolte, che andranno così ad acuire il senso di inadeguatezza e di sfiducia nei confronti del mondo esterno e degli altri. A seconda dei casi, si potrà quindi assistere ad una crisi adolescenziale "sana", piuttosto che ad una "complicata", in base alle strategie e risorse a cui l'adolescente potrà attingere per rispondere ai propri bisogni e alle nuove richieste ambientali. Come sappiamo, il comportamento antisociale è spesso alimentato da sottostanti vissuti di insicurezza, dalla difficoltà a modificare uno stile di vita strutturato nel tempo e dall'incapacità di perseguire con tenacia obiettivi di vita costruttivi. L'aggressività e l'impulsività sono spesso i principali precursori della delinquenza futura, poichè interferiscono negativamente con la capacità di autocontrollo.
Da quanto emerge da studi internazionali, il coinvolgimento in attività delinquenziali in adolescenza è talmente frequente da essere definito un processo statisticamente 'normale', con un picco tra i 15 e i 17 anni e una successiva regressione del fenomeno verso i 20 anni. Il comportamento antisociale e delinquenziale può quindi essere interpretato come un tentativo, seppur inadeguato, di risposta a un cambiamento fisico e psicologico che l'adolescente non è in grado di gestire. Come una richiesta di attenzione, un tentativo di esplorare il mondo all'interno del quale ritagliarsi un ruolo sociale, una reazione alla frustrazione e una ricerca di appartenenza al gruppo.
A tutto ciò si aggiungano i cambiamenti biologici e ormonali che possono favorire l'instabilità emotiva del giovane, favorendo i disturbi dell'umore. Infatti, la corteccia prefrontale, ossia quella zona deputata al controllo delle reazioni emozionali, matura solo intorno ai 20 anni, età in cui, di norma, si abbandona il turbolento periodo tardo adolescenziale per entrare a pieno titolo nell'età adulta.