Il pubblico ufficiale che rimprovera pubblicamente un cittadino per la violazione di una norma commette reato di ingiuria. A sancirlo è la quinta sezione penale della Corte di Cassazione, con sentenza n. 26396 del 18 giugno 2014, in una vicenda riguardante un addetto al controllo dei biglietti ferroviari, imputato del reato di cui all'art. 594, 1° e 4° comma, c.p., per aver ammonito, in presenza degli altri passeggeri del treno, un utente che non aveva pagato il biglietto, non limitandosi ad applicare la sanzione della multa prevista per l'illecito perpetrato.
Considerando "apodittica e intrinsecamente contraddittoria" la motivazione del Giudice di Pace, il quale, pur avendo dato atto della condotta offensiva, escludeva la sussistenza del reato per l'assenza di riscontri alle affermazioni della persona offesa e della consapevolezza del prevenuto di lederne la dignità, pervenendo ad una sentenza assolutoria, la S.C. ha ravvisato, innanzitutto, violazione dell'art. 192 c.p.p., risultando disatteso lo stesso indirizzo della giurisprudenza di legittimità sul valore probatorio delle dichiarazioni della persona offesa del reato.
In ordine alla censura inerente l'erronea applicazione della fattispecie di cui all'art. 594 c.p., la Corte ne ha ribadito la fondatezza, affermando che l'ingiuria "è figura giuridica caratterizzata dal dolo generico e riguarda ogni espressione lesiva della dignità e dell'onore della persona".
Pertanto, la Cassazione ha annullato la sentenza impugnata, disponendo rinvio al Giudice di Pace per nuovo esame.
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