di Gerolamo Taras - La modifica dell' art. 33 della legge 104/92 "Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappata" ad opera della legge n. 183 del 2010, ha eliminato i requisiti della continuità e della esclusività per i lavoratori dipendenti (pubblici e privati) che intendano prestare assistenza a favore di familiari in situazione di handicap ed ottenere le agevolazioni previste. Per inciso, ai fini dell' ottenimento dei benefici, la "continuità" stava ad indicare l' assistenza, che non doveva essere occasionale, del congiunto con handicap da parte del lavoratore, mentre l' "esclusività" rappresentava l' assenza di altri familiari in grado di prestare l'assistenza.
In precedenza la legge 8 marzo 2000, n. 53 (art. 19 e 20) aveva cancellato dall' art. 33 della legge 104 il requisito della "convivenza".
Tali requisiti, pertanto, non possono più essere pretesi dalla Pubblica Amministrazione come presupposto per la concessione dei benefici di cui all' art. 33, tuttavia la circostanza che il disabile "risulti assistito da altri familiari, ben può costituire circostanza di fatto suscettibile di apprezzamento da parte dell'Amministrazione nella complessiva ponderazione degli interessi che devono essere considerati in vista dell' adozione del provvedimento di concessione delle agevolazioni".
E' quanto emerge dalla sentenza n. 04200/2014 del 06/08/2014 con la quale il Consiglio di Stato (Sezione Quarta) ha respinto l' appello per la riforma, della sentenza nr. 324/2014 del 15 gennaio 2014 del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima di Milano.
Il TAR aveva respinto il ricorso contro il provvedimento con cui l'Amministrazione penitenziaria aveva, a sua volta, negato il trasferimento ad altra sede richiesto da un suo dipendente.
In particolare, il Giudice di primo grado aveva considerato determinante la circostanza che l'infermità della madre disabile fosse intervenuta in epoca posteriore all'assunzione in servizio del ricorrente: l'art. 33 della legge nr. 104 del 1992 fa riferimento al lavoratore "che assiste persona con handicap in situazione di gravità", dovendosi presumere una situazione di assistenza già in essere da parte del dipendente; situazione che evidentemente non sussisteva nella fattispecie de qua.
Il Consiglio di Stato ha ritenuto l'appello manifestamente infondato, per le seguenti ragioni.
"A seguito della novella di cui alla legge nr. 183 del 2010, è stata eliminata dall'art. 33 della legge nr. 104 del 1992 la previsione dei requisiti della continuità ed esclusività dell'assistenza: tali requisiti, pertanto, non possono più essere pretesi dall'Amministrazione come presupposto per la concessione dei benefici di cui al citato art. 33, e dunque gli unici parametri entro i quali l'Amministrazione deve valutare se concedere o meno i benefici in questione - nella fattispecie concreta, il trasferimento presso la Casa Circondariale di Matera - sono da un lato le proprie esigenze organizzative ed operative e dall'altro l'effettiva necessità del beneficio, al fine di impedire un suo uso strumentale".
"Ciò premesso, va rilevato che la richiesta di trasferimento in base alla normativa suindicata non configura un diritto incondizionato del richiedente: la p.a. può legittimamente respingere l'istanza di trasferimento di un proprio dipendente, presentata ai sensi dell'art. 33, quando le condizioni personali e familiari dello stesso recedono di fronte all'interesse pubblico alla tutela del buon funzionamento degli uffici e del prestigio dell'Amministrazione.
"Il c.d. "diritto al trasferimento" è quindi rimesso ad una valutazione relativamente discrezionale dell'Amministrazione ed è soggetto ad una duplice condizione: che nella sede di destinazione vi sia un posto vacante e disponibile e che vi sia l'assenso delle Amministrazioni di provenienza e di destinazione; ne discende che, quand'anche il requisito della vacanza e della disponibilità risulti soddisfatto, il beneficio può essere negato in considerazione delle esigenze di servizio della struttura di provenienza o di destinazione".
Quando poi risulta che la persona portatrice di handicap ha altri familiari in loco e che il richiedente non ha in precedenza prestato attività di assistenza nei suoi confronti, la p.a. può legittimamente respingere l'istanza di trasferimento.
In particolare nel caso in esame: "il fatto che la madre dell'istante risulti assistita da altri familiari, ben può costituire circostanza di fatto suscettibile di apprezzamento da parte dell'Amministrazione nella complessiva ponderazione degli interessi da comporre, pur dopo la ricordata riforma del 2010 che ha eliminato la previsione dei presupposti della continuità ed esclusività dell'assistenza".
Sentenza Consiglio di Stato -sez. IV- n. 04200/2014 del 06/08/2014