di Licia Albertazzi - Corte di Cassazione civile, sezione terza, sentenza n. 18174 del 25 Agosto 2014.
In tema di risarcimento del danno per diffamazione operata a mezzo internet, quali sono gli strumenti di cui il giudice dispone per valutare se esiste o meno lesione della sfera soggettiva del protagonista del fatto?
Nel caso di specie il destinatario della notizia diffamatoria, alto dirigente dell'Istituto superiore di sanità, ha azionato domanda di risarcimento del danno nei confronti di una nota emittente televisiva, la quale avrebbe fornito in diretta alcune informazioni denigranti, informazioni la cui fonte principale sarebbe stata telematica (la notizia sarebbe stata reperita da portale internet). Il caso in oggetto offre spunti di riflessione in merito ai principi di diritto che operano in materia.
Dopo aver operato una precisa ricostruzione dei fatti, la Cassazione ricorda come sia principio ormai consolidato in giurisprudenza, in materia di diffamazione a mezzo stampa, la "necessità (per il giudice) di interpretare le parole adottate anche in senso translato, con riferimento all'intero contesto espositivo". Infatti "la cronaca ha per fine l'informazione e, perciò, consiste nella mera comunicazione delle notizie, mentre se il giornalista, sia pur nell'intento di dare compiuta rappresentazione, opera una propria ricostruzione di fatti già noti, ancorchè ne sottilinei dettagli, all'evidenza propone un'opinione".
Il controllo del giudice in merito al corretto esercizio del diritto di cronaca - diritto da bilanciarsi all'uguale e contrario diritto alla riservatezza e di correttezza dell'informazione in capo all'interessato dalla divulgazione della notizia - "richiede il riferimento al parametro di veridicità della cronaca, per stabilire se l'articolista abbia assunto una corretta premessa per le sue valutazioni, dall'altro implica quello di continenza e interesse sul metro delle valutazioni che sono il fine dell'articolo".
L'art. 51 codice penale (esimente dell'esercizio di un diritto o dell'adempimento di un dovere) opererebbe a favore dell'articolista solo nel caso in cui sia indiscussa la verità dei fatti oggetto di pubblicazione e che la stessa sia di rilevante interesse pubblico. Nel caso di specie l'intervento del giornalista ha contribuito a fornire un carattere allusivo all'intera notizia, di fatto determinando un "mutamento del significato apparente" dell'informazione, ben potendo influenzare la percezione dell'uomo medio. La motivazione della sentenza
della Suprema corte continua con ulteriori riflessioni sul tema, estremamente delicato, di cui si consiglia la lettura integrale.
Ecco alcune massime correlate al tema della diffamazione a mezzo stampa
Cassazione penale sentenza n. 51439/2013
In materia di diffamazione a mezzo stampa ai fini dell'applicazione dell'esimente di cui all'articolo 51 del codice penale, la critica politica può tradursi anche in valutazioni e commenti tipicamente di parte e quindi non oggettivi.
Cassazione penale sentenza n. 4615/2013
In tema di diffamazione a mezzo stampa, non può essere applicata l'esimente di cui all'art. 51 del codice penale e l'"exceptio veritatis", ai sensi dell'art. 596 comma 3 n. 2 c.p., quando il fatto attribuito al diffamato sia ritenuto privo di consistenza storica e di rilevanza giuridica dall'autorità giudiziaria che abbia proceduto con riguardo al detto fatto.
Cassazione Civile sentenza n. 12056/2014
In materia di risarcimento del danno da diffamazione a mezzo stampa, nel caso in cui l'articolo riporti il contenuto di una denuncia anonima inviata al Procuratore della Repubblica ed offensiva dell'altrui reputazione, l'esimente del diritto di cronaca si può applicare solo se l'autore dell'articolo fornisce la prova della verità reale o putativa dei fatti riportati nello scritto stesso. Non basta dimostrare la mera verità dell'esistenza della fonte anonima.
Cassazione civile sentenza n. 15443/2014
In tema di azione di risarcimento dei danni da diffamazione a mezzo della stampa, se la narrazione di determinati fatti è esposta insieme alle opinioni dell'autore dello scritto, in modo tale da costituire contemporaneo esercizio di cronaca e di critica, la valutazione della cosiddetta 'continenza' non può essere condotta sulla base di criteri solo formali, richiedendosi, invece, un bilanciamento dell'interesse individuale alla reputazione con quello alla libera manifestazione del pensiero.
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