di Licia Albertazzi - Corte di Cassazione civile, sezione sesta, sentenza n. 22531 del 23 Ottobre 2014.
Se la parte commette un errore nel qualificare la domanda, ma per il giudice è possibile pronunciarsi a mezzo sua interpretazione - pur sempre nei limiti della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato - è illegittima la decisione che rigetta in toto, nel merito, la domanda quando l'errore è circoscritto alla scelta del mero rito.
Nel caso di specie, la Corte d'Appello aveva respinto la domanda di un Comune che aveva richiesto (attraverso il rito speciale) la restituzione di un immobile detenuto senza titolo. La Corte d'Appello aveva rilevato che la domanda non era basata sulla risoluzione di un contratto di locazione e per questo non sussistevano i presupposti per incardinare un procedimento per convalida di sfratto trattandosi di una ordinaria richiesta di rilascio di immobile detenuto da un privato senza titolo.
Di diverso avviso la Corte di Cassazione secondo cui i giudici di merito, se ritengono che l'azione sia stata esercitata erroneamente con la forma del procedimento per convalida di sfratto per morosità (invece della normale azione di risoluzione per inadempimento) non per questo possono rigettare la domanda che è stata comunque qualificata come occupazione senza titolo. Il giudice deve quindi entrare nel merito e valutare se vi sia realmente una occupazione senza titolo.
Nella parte motiva della sentenza la Cassazione chiarisce anche quali sono i poteri r i limiti dei giudici di legittimità: "La Corte di Cassazione può ritenere fondata la questione, sollevata dal ricorso per una ragione giuridica diversa da quella specificamente indicata dalla parte e individuata d'ufficio, con il solo limite che tale individuazione deve avvenire sulla base dei fatti per come accertati nelle fasi di merito ed esposti nel ricorso per cassazione e nella stessa sentenza impugnata".
Si rimanda per il resto al testo della sentenza qui sotto allegato.
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