di Marco Pilato
Commento a sentenza della Corte Costituzionale, n. 228/2014.
La presunzione ex art. 32 del D.P.R. n. 600/1973 co. 1 n. 2, la quale prevede che sia i prelevamenti che i versamenti operati sui conti correnti bancari vanno imputati ai ricavi conseguiti dal contribuente nella propria attività, è stata di recente oggetto di giudizio di legittimità costituzionale innanzi la Consulta.
Tale disposto, previsto inizialmente per i soli titolari di reddito d'impresa, era stato esteso (con le modifiche apportate dalla Legge Finanziaria 2005 all'art. 32 del D.P.R. n. 600/1973) anche ai titolari di reddito di lavoro autonomo.
Tale estensione normativa era stata introdotta mediante una integrazione del disposto di cui al sopracitato art. 32 co. 1 n. 2, nel quale era stato inserito il riferimento esplicito ai compensi dei lavoratori autonomi oltre che ai ricavi dell'imprenditore .
Tale disposto era stato più volte rafforzato dalle numerose pronunce della S.C., in relazione per lo più a controversie tra Fisco e Liberi professionisti (si veda Cass. N. 22179 del 3/09/2008).
La Corte Costituzionale con sentenza n. 228/2014, depositata il 06/10/2014 e pubblicata in data 08/10/2014, ha dichiarato la fondatezza della questione di legittimità costituzionale, sollevata in riferimento alle censure di cui agli art. 3 e 53 Cost., con conseguente assorbimento di quelle relative agli artt. 24 e 111 Cost..
L'intera motivazione si basa su osservazioni che si concentrano sulla natura e sulle peculiarità delle diverse figure professionali di imprenditore e di lavoratore autonomo, analizzandone l'essenza e le eventuali ripercussioni sulle presunzioni fondanti l'intero meccanismo degli accertamenti bancari.
Si ammette infatti che, pur essendo queste ultime figure affini per molti versi nel diritto interno e comunitario, alcune indicative peculiarità del lavoratore autonomo, da sempre soggetto ad una disciplina professionale e contabile distinta, impediscono un omogeneo trattamento tra le due nel caso di indagini bancarie.
Sulla base della contestata presunzione, il prelevamento dal conto corrente bancario corrisponde ad un costo produttivo di ricavo.
Precisa la Consulta che, in assenza di giustificazione , le somme prelevate (in base alla presunzione ex art. 32 del D.P.R. n. 600/1973 co. 1 n. 2) si ipotizza siano finalizzate all'acquisto non fatturato di fattori produttivi, che verranno poi utilizzati per la produzione di beni e servizi, a loro volta immessi sul mercato senza essere stati né contabilizzati, né fatturati.
Tale presunzione, continua la sentenza, risulta in linea con "il fisiologico andamento dell'attività imprenditoriale" in cui è fondamentale il succedersi di investimenti in beni e servizi necessari per il corretto svolgimento dell'attività d'impresa nonché finalizzati a ricavi futuri.
In quest'ultima precisazione, implicito è il richiamo che la Consulta vuole fare all'imprenditore di cui all' art. 2082 c.c., "è imprenditore chi esercita professionalmente una attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi", dalla quale si rileva la maggiore essenza dell'attività d'impresa, ossia l'organizzazione dell'attività economica, passando invece in secondo piano il know how dello stesso, seppur imprescindibile nell'intera organizzazione aziendale .
Secondo la tesi della Consulta, sono invece diversi i caratteri del lavoratore autonomo, che giustificano una diversità di trattamento in sede di indagini bancarie.
Quest'ultimo, infatti, - precisa la Consulta - , si caratterizza per la preminenza nello svolgimento dell'attività professionale, dell'apporto di lavoro proprio e della marginalità dell'apparato organizzativo.
Anche in questo caso non è da sottovalutare come ruolo non marginale nell'interpretazione della Consulta possa aver avuto l'art. 2222 c.c., il lavoro proprio e l'assenza di subordinazione con il quale il lavoratore autonomo si obbliga a compiere verso un corrispettivo un'opera o un servizio, nei confronti del committente.
Quanto precisato a proposito del lavoratore autonomo viene evidenziato pur ammettendo, però, che la marginalità dell'apparato organizzativo assume poi differenti gradazioni a seconda della tipologia di lavoratori autonomi, ed è - precisa sempre la Consulta - quasi totalmente assente nelle professioni liberali, laddove è senz'altro più accentuata la natura intellettuale dell'attività svolta.
A sostegno della non ragionevolezza della presunzione contestata, la Consulta precisa che in realtà nel caso del lavoratore autonomo, gli eventuali prelevamenti vengono inseriti in un sistema di contabilità semplificata e da tanto deriva la promiscuità tra entrate e spese professionali e personali.
È innegabile che tale regime abbia influito nel decisum della Corte Costituzionale, essendo la contabilità semplificata il regime contabile naturale per i professionisti ed artisti ex art. 3 DPR 695/96, a prescindere dal volume d'affari dell'anno precedente, ed essendo previste modalità di registrazione delle operazioni che non favoriscono una distinzione tra incassi e pagamenti.
Piuttosto, conclude la Consulta, l'esigenza di combattere l'evasione fiscale diffusa nel settore può essere soddisfatta mediante le recenti misure sulla tracciabilità dei movimenti finanziari (Decreto Ministero Sviluppo Economico 24/01/2014), in base alle quali vi è l'obbligo per imprese e professionisti - obbligo però non sanzionato - di accettare pagamenti superiori ai 30 euro, solo con carte di debito.
Marco Pilato