Aver vinto il primo grado di giudizio non è certo un buon motivo per resistere ad un appello palesemente fondato

di Licia AlbertazziCorte di Cassazione civile, sezione sesta, ordinanza n. 24546 del 18 Novembre 2014. 

Il terzo comma dell'art. 96 codice di procedura civile, così come introdotto dalla legge 69/2009, consente al giudice di condannare il ricorrente al pagamento di una somma equitativamente determinata, se viene accertata la mala fede o la colpa grave della parte soccombente. 

Tale disciplina è inserita tra gli istituti contemplanti la responsabilità aggravata e, per determinarne la sussistenza, occorre che venga delineato il contenuto dei requisiti della mala fede e della colpa grave.

Sul punto la giurisprudenza è sostanzialmente unanime nel confermare che per lite temeraria si debba intendere la "coscienza dell'infondatezza della domanda (mala fede) o nella carenza della ordinaria diligenza volta all'acquisizione di detta coscienza (colpa grave)". 

Una volta accertata la sussistenza di tali requisiti è possibile emettere condanna per lite temeraria anche nei confronti di chi aveva avuto ragione in primo grado se è poi risultato del tutto soccombente in appello.

Insomma, niente scuse: aver vinto il primo grado di giudizio non è certo un buon motivo per resistere ad un appello palesemente fondato. La mala fede e la colpa grave possono comportare l'applicazione dell'art. 96 del codice di procedura civile.


Riferimenti normativi:
Art. 96 codice di procedura civile. Responsabilita' aggravata
Se risulta che la parte soccombente ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, il giudice, su istanza dell'altra parte, la condanna, oltre che alle spese, al risarcimento dei danni, che liquida, anche d'ufficio, nella sentenza.
Il giudice che accerta l'inesistenza del diritto per cui e' stato eseguito un provvedimento cautelare, o trascritta domanda giudiziale, o iscritta ipoteca giudiziale, oppure iniziata o compiuta l'esecuzione forzata, su istanza della parte danneggiata condanna al risarcimento dei danni l'attore o il creditore procedente, che ha agito senza la normale prudenza. La liquidazione dei danni e' fatta a norma del comma precedente.
In ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi dell'articolo 91, il giudice, anche d'ufficio, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata.

Vai al testo dell'ordinanza 24546/2014

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