Ai fini della configurabilità del delitto di ricettazione "la mancata giustificazione del possesso di una cosa proveniente da delitto costituisce prova della conoscenza della illecita provenienza". E rientra in tale ipotesi di reato anche la fattispecie in cui taluno sia trovato in possesso di un "documento falso formalmente intestato a diverso soggetto e non più in uso allo stesso in quanto deceduto".
È questo il verdetto della Cassazione, la quale con sentenza n. 47129 del 14 novembre 2014 ha confermato la condanna a 9 mesi di reclusione e 300 euro di multa, inflitta in appello ad un automobilista per aver circolato alla guida di un'autovettura munita di un falso certificato di autorizzazione al transito e al parcheggio libero nella aree riservate agli invalidi emesso a favore di un soggetto deceduto.
A nulla sono valse le doglianze dell'uomo circa la manifesta illogicità della motivazione della sentenza
della Corte d'Appello di Napoli, giacchè fondata esclusivamente sull'argomento di natura logica legato alla consapevolezza da parte dell'imputato della falsità del pass, senza tenere conto della mancanza di elementi sufficienti ed idonei a dimostrare l'alterazione del documento stesso, che consisteva in una copia fotostatica dell'originale, né del mancato accertamento della proprietà dell'autovettura con conseguente impossibilità di stabilire chi avesse apposto il predetto documento all'interno della stessa.Per la S.C., infatti, ai fini dell'integrazione del reato e della conferma della correttezza della statuizione della corte di merito, è sufficiente il fatto che l'imputato sia stato trovato in possesso di documento falso formalmente intestato a diverso soggetto, peraltro, deceduto.
Né possono assumere rilievo, in tal senso, ha sostenuto la Corte, la circostanza che non siano stati effettuati accertamenti sulla proprietà dell'autovettura sulla quale era stato apposto il documento provento da delitto o su chi abbia prodotto il documento stesso, né tantomeno il fatto che il pass falso fosse una mera riproduzione fotostatica priva di attestazione di autenticità. Ciò, infatti, spiega la Corte, "non incide sulla rilevanza penale del falso, allorché, come nella specie, il documento abbia l'apparenza e sia utilizzato come originale", e, dunque, tale da "consentire un uso atto a trarre in inganno la pubblica fede".
Cassazione Penale, Sentenza 14 novembre 2014, n. 47129