Nessuna giustificazione per il soggetto che, agli arresti domiciliari, se ne allontana per accompagnare in ospedale la convivente in preda ad un malore, giacché la situazione di pericolo era stata provocata proprio dalle percosse dello stesso e avrebbe potuto essere evitata attendendo per qualche minuto l'arrivo dell'ambulanza.
Così la Cassazione (sentenza n. 48430 del 21 novembre 2014) ha confermato la condanna al reato di cui all'art. 385 codice penale, inflitta dalla Corte d'Appello di Ancona ad un soggetto per essersi allontanato dal luogo di detenzione domiciliare.
Concordando con l'iter argomentativo e con le conclusioni della corte di merito, la Cassazione ha ribadito che la causa scriminante di cui all'art. 54 c.p. "presuppone, per un verso, una situazione di inevitabilità del pericolo attuale di un danno grave alla persona" e per altro verso la "non rimproverabilità" della situazione di pericolo esistente.
Nessuno dei due presupposti, pertanto, secondo la S.C., può ritenersi sussistente nel caso di specie, "dal momento che l'imputato avrebbe potuto attendere l'arrivo dei sanitari del servizio 118 da egli contattato, senza bisogno di condurre personalmente la donna al nosocomio" e che le lesioni alla convivente erano state provocate dalle percosse violente dello stesso. Né può rilevare, ha concluso la Corte rigettando il ricorso, il fatto che l'imputato
avesse preventivamente avvisato i Carabinieri del suo spostamento spiegandone le ragioni, giacchè lo stesso "era consapevole che, allontanandosi in quel momento dal domicilio, avrebbe commesso il delitto di evasione, essendo stato esplicitamente ammonito dal centralinista dei Carabinieri delle conseguenze del suo agire ed avendo egli, nonostante ciò, posto in essere - consapevolmente e volontariamente - la condotta vietata". Corte di Cassazione, testo sentenza 21 novembre 2014, n. 48430