di Licia Albertazzi - Corte di Cassazione civile a sezioni unite, sentenza n. 25369/2014.
Il Consiglio dell'Ordine degli avvocati non può irrogare la sanzione della sospensione dall'esercizio della professione al praticante per un fatto penalmente rilevante e pendente in appello (dunque, secondo il COA, ancora "attuale") se i fatti si riferiscono ad epoca anteriore all'iscrizione all'albo.
Il chiarimento arriva dalle Sezioni Unite della Cassazione che, nella parte motiva della sentenza, spiegano che "l'esercizio del potere da parte dei COA nei confronti degli avvocati trova il suo fondamento nell'esigenza di una tutela del prestigio dell'Ordine forense in presenza di comportamenti posti in esseere dai suddetti professionisti idonei a screditarne l'autorevolezza e la credibilità".
Il fine ultimo resta quindi quello di garantire che gli iscritti si comportino secondo i canoni della della probità, della buona condotta e che siano conformi ai principi di deontologia
professionale. Tutto ciò con la conseguente irrilevanza di quei comportamenti che, sebbene idonei a "determinare uno strepitus fori" proprio nel periodo durante il quale il professionista risulta iscritto all'albo, "sono ininfluenti ai fini disciplinari in quanto antecedenti alla iscrizione all'albo" non comportando dunque elementi utili a fondare l'azione disciplinare.Per tutti questi motivi il ricorso è accolto e la sentenza decisa direttamente nel merito; osservando che le Sezioni unite procedono comunque alla compensazione delle spese data la natura stessa della controversia.
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