La vicenda presa in esame dalla Corte vede come soggetto attivo un avvocato che, delegato dal sindaco nell'ambito di diverse amministrazioni di sostegno e tutele, si appropriava di alcune somme di denaro appartenenti ai soggetti incapaci configurando così il reato di peculato.
La difesa, rilevando sia la mancanza della disponibilità materiale delle somme sottratte sia la mancanza della qualifica di pubblico ufficiale, contestava la configurabilità stessa di tale reato. La Corte, dal canto suo, ribadiva la qualifica di pubblico ufficiale in capo a soggetti che svolgono le funzioni di tutore e curatore, con conseguente integrabilità del reato di cui all'art. 314 codice penale in caso di condotta appropriativa delle somme appartenenti agli incapaci e ricevute in ragione dell'ufficio rivestito.
Ad avviso dei giudici di legittimità, il medesimo reato è altresì integrabile dall'amministratore di sostegno poichè "la verifica della reale attività esercitata e degli scopi perseguiti dall'amministratore di sostegno consente di attribuirgli, negli stessi termini del tutore, la veste e qualità di pubblico ufficiale, considerato il complesso delle norme a lui applicabili ed in particolare:
a) la prestazione del giuramento prima dell'assunzione dell'incarico (art. 349 Cod.civ.);
b) il regime delle incapacità e delle dispense (artt. 350-353 Cod. civ.);
c) la disciplina delle autorizzazioni, le categorie degli atti vietati, il rendiconto annuale al giudice tutelare sulla contabilità dell'amministrazione (artt. 374-388 Cod. civ.);
d) l'applicazione, nei limiti di compatibilità, delle norme limitative in punto di capacità a ricevere per testamento (artt. 596, 599 Cod. civ.) e capacità di ricevere per donazioni (art. 779 Cod. civ.)".
Cassazione Penale, sentenza 3 dicembre 2014, n. 50754