La Corte di Cassazione avvicina sempre più la figura del notaio a quella di un vero e proprio consulente delle parti, dotato di una diligenza qualificata che "include la consulenza, anche fiscale, nei limiti delle conoscenze che devono far parte del normale bagaglio di un professionista che svolge la sua attività principale nel campo della contrattazione immobiliare".
Con questa motivazione, la Suprema Corte accoglie il ricorso proposto da un cliente, facendo ricadere sul professionista le conseguenze dell'erronea compilazione delle dichiarazioni INVIM relative ad atti di compravendita.
Stante l'elevata diligenza professionale, la Corte afferma che l'attività del notaio non potrà limitarsi alla mera registrazione delle dichiarazioni delle parti, dovendo realizzare un'attività di consulenza ed assistenza estesa anche agli aspetti fiscali accessori alla stipula dell'atto "trattandosi di questioni tecniche che una persona non dotata di competenza specifica non sarebbe in grado di percepire e per le quali può fare affidamento sulla professionalità del notaio, anche in considerazione del ruolo pubblicistico della sua attività."
Nella situazione in esame, pur essendo la dichiarazione ai fini INVIM un'attività riservata alla parte, il professionista ha "l'obbligo di informare il cliente delle conseguenze nel caso di dichiarazioni non veritiere in riferimento all'INVIM, almeno quando le stesse appaiono ragionevolmente non verosimili" e simile obbligo "trova fondamento nell'incarico professionale ricevuto di redigere l'atto pubblico di trasferimento immobiliare".
Siccome il complesso incarico affidato al notaio ricomprende sia attività preparatorie che successive alla stesura dell'atto, emerge un gravissimo inadempimento del professionista che, redigendo e presentando dichiarazioni INVIM sulla base di valutazioni palesemente erronee di parte venditrice, abbia omesso di far rilevare alla parte l'incongruenza presente impedendo il conseguimento di un regime fiscale più favorevole.
Sul notaio, precisa la Corte, grava il cosiddetto "dovere di consiglio" relativamente a questioni tecniche che una persona priva di competenza specifica non sarebbe in grado di percepire, quindi l'attività del professionista dovrà essere "finalizzata non solo al raggiungimento dello scopo privatistico e pubblicistico tipico al quale l'atto rogando è preordinato, ma anche a conseguire gli effetti vantaggiosi eventualmente previsti dalla normativa fiscale e a rispettare gli obblighi imposti da tale normativa".
A seguito della violazione degli obblighi contestuali di assistenza e consulenza, la Suprema Corte stabilisce la responsabilità del notaio, il quale sarà tenuto a rispondere dei danni originati da simile comportamento anche nella sola ipotesi di colpa lieve.
Cassazione Civile, testo sentenza 16 dicembre 2014, n. 26369