Nel caso di specie, i difensori dell'imputato, condannato in appello in sede di rinvio, ricorrevano per Cassazione contestando l'acquisizione in secondo grado delle dichiarazioni della persona offesa, poiché la mancata compiuta identificazione della stessa ne pregiudicava il giudizio di credibilità soggettiva.
Le censure mosse riguardavano, in particolare, l'inutilizzabilità delle medesime dichiarazioni stante, in primo luogo, la prevedibile impossibilità dell'audizione dibattimentale quale conseguenza dell'irreperibilità manifestatasi subito dopo i fatti, in secondo luogo, la volontaria sottrazione all'esame dello stesso soggetto imputato in procedimento connesso in assenza di riscontri estrinseci.
La Suprema Corte, accogliendo il ricorso sotto questo profilo, ha rilevato che le dichiarazioni potevano essere utilizzate contra alios, atteso che, al momento in cui veniva sentita, la persona offesa non aveva ancora assunto la veste di persona sottoposta ad indagini, ma che il giudice d'appello avrebbe comunque dovuto verificare, in base alle circostanze fattuali, se l'impossibilità della ripetizione in fase di dibattimento fosse realmente imprevedibile.
Ad avviso della Corte, l'irreperibilità non può essere unicamente dedotta dalla circostanza che il dichiarante sia cittadino extracomunitario privo di permesso di soggiorno ma "essendo estremamente probabile, se non certa, la futura impossibilità di reperimento, costituisce diritto-dovere per il P.M. procedente di richiedere l'incidente probatorio (Cass. Sez. 6, n. 14550 del 30/01/2004, Danesi, Rv. 229241)".
Cassazione Penale, testo sentenza 22 dicembre 2014, n. 53415