Dopo il d.l. n. 146/2013, c.d. "decreto svuota-carceri", anche nei confronti dei rapporti non ancora definiti al momento dell'entrata in vigore della nuova disciplina, il recluso che voglia impugnare la decisione del magistrato di sorveglianza avverso il mancato accoglimento del reclamo sulle presunte condizioni detentive in contrasto con i diritti fondamentali della persona, come sancite dalla Convenzione Europea dei diritti dell'Uomo, deve adire il tribunale di sorveglianza competente e non la Cassazione.
Così ha stabilito la prima sezione penale della Suprema Corte, con sentenza n. 315 dell'8 gennaio 2015, pronunciandosi sulla vicenda riguardante le doglianze di un uomo relativamente alle condizioni di detenzione subite.
L'uomo lamentava, infatti, che la cella a sua disposizione era inferiore ad otto metri quadri, dotata di una sola finestra e frequentata, periodicamente da altre persone detenute e chiedeva, perciò, all'amministrazione penitenziaria il risarcimento dei danni conseguenti. Vedendo dichiarato inammissibile il proprio reclamo da parte del magistrato di sorveglianza, l'uomo si rivolgeva, pertanto, alla Cassazione.
Ma per i giudici del Palazzaccio, il ricorso, presentato dal detenuto successivamente all'entrata in vigore della nuova disciplina di cui all'art. 35-bis della l. n. 354/1975, va qualificato come "reclamo giurisdizionale" e deve seguire dunque la procedura per lo stesso indicata che prevede l'intervento della Cassazione solo avverso la decisione del tribunale di sorveglianza nel termine di 15 giorni dalla notificazione o comunicazione della stessa (vai alla guida Il reclamo giurisdizionale introdotto dal d.l. "Svuota-carceri").
Considerata, infatti, la consolidata giurisprudenza che ha definito "i confini del principio del tempus regit actum con riferimento alla materia esecutiva, affermando che le modifiche legislative che incidono sulle modalità di esecuzione della pena si applicano a tutti i rapporti non ancora definiti al momento dell'entrata in vigore della nuova disciplina", al caso di specie, hanno ritenuto gli Ermellini, trasmettendo gli atti al tribunale di sorveglianza di Trieste, va senz'altro applicata la nuova formulazione di cui all'art. 35-bis, costituente ius superveniens rispetto al diritto di reclamo dei detenuti, originariamente configurato.
Cassazione Penale testo sentenza n.315/2015