La liquidazione del danno morale prescinde da quella del danno biologico, pertanto, se quest'ultimo è lieve non significa che il primo non vada valutato ex sé e che possa essere invece di notevole rilevanza.
Ad affermare tale principio è la Cassazione, nella sentenza n. 811/2015, pronunciandosi in una vicenda relativa al risarcimento danni richiesto alla compagnia assicurativa dai genitori e dalla sorella di un ragazzo investito da un'autocisterna mentre era alla guida del proprio ciclomotore.
I parenti, vedendosi ridurre, dalla Corte d'Appello di Napoli, di oltre la metà la somma liquidata dal giudice di primo grado (da circa 354mila a 171mila euro), adivano la Cassazione denunciando l'insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza e la falsa applicazione dell'art. 2059 c.c. nella parte in cui determinava il quantum del danno morale subito dalla vittima in rapporto al danno biologico.
La Cassazione è d'accordo con loro.
Richiamando l'indirizzo affermato dalle Sezioni Unite l'11 novembre 2008, nelle storiche sentenze di San Martino, i giudici di piazza Cavour hanno evidenziato come in numerose fattispecie, "pur non sussistendo un significativo danno biologico, sussiste invece un rilevante danno morale, ragione per la quale la valutazione del danno morale va operata caso per caso e senza che il danno biologico possa essere un riferimento assoluto".
Tra queste rientra, per la S.C., il caso di specie, laddove in presenza di un danno biologico lieve (o da liquidarsi in misura lieve), il danno morale, "derivante dalla consapevolezza dell'incombere della propria fine" è invece altamente significativo.
Tale tipo di danno, infatti, ha concluso la Cassazione, è "del tutto svincolato da quello più propriamente biologico e postula una ben diversa valutazione sul piano equitativo, sub specie di una più corretta valutazione della intensissima sofferenza morale della vittima".
Per cui, dato che la corte territoriale non si è attenuta a tali principi, quantificando il risarcimento di tale voce di danno liquidando agli aventi diritto una cifra "del tutto irrisoria", la S.C. ha accolto il ricorso e cassato la sentenza impugnata.
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