Come spiega la Corte, il divieto di avvicinamento rende off-limits una serie di comportamenti come quello di "avvicinarsi fisicamente" alla vittima, pedinarla, cercare di contattarla, "rivolgersi a lei con la parola o lo scritto" e persino "guardarla" quando lo sguardo, appunto, assume la funzione di esprimere sentimenti e stati d'animo.
Secondo i giudici della Corte di Cassazione sono molteplici le azioni che lo stalker non può compiere: non può pedinare la vittima, né cercare di comunicare faccia a faccia, e neppure perseguitarla con telefonate o messaggi sul cellulare.
Sono tutti "comportamenti che lo stalker è solito fare e che i soggetti appartenenti alla detta categoria comprendono benissimo", osservano i giudici della Corte.
La Cassazione, nel caso di specie ha poi chiarito che la misura cautelare del "divieto di avvicinamento ai luoghi abitualmente frequentati dalla vittima" non può essere generica sia perché l'obbligato potrebbe non sapere quali sono i luoghi abitualmente frequentati dalla vittima, sia perché tali luoghi potrebbero mutare "a seconda delle esigenze e delle abitudini della persona, sia perché la misura assumerebbe una elasticità dipendente dalle decisioni (o anche dal capriccio) dell'offeso, a cui verrebbe rimesso, sostanzialmente di stabilire il contenuto della misura".
In sostanza, i giudici di merito debbono specificare se lo stalker debba tenersi lontano da luoghi determinati (e in tal caso detti loghi vanno indicati specificamente), oppure "se debba tenersi lontano, puramente e semplicemente dalla persona offesa; e se una siffatta prescrizione debba essere accompagnata da divieti di comunicare, anche con mezzi tecnici".