di Marina Crisafi - Se la condotta anomala di un ciclista può in certi casi escludere la responsabilità dell'automobilista, le regole cambiano se il danneggiato è un bambino. Al di sotto di una certa età, infatti, non ci si rende conto dei pericoli connessi alla circolazione. E questo un automobilista lo deve sapere.
È quanto ha stabilito il Tribunale di Trento in una recente sentenza (n. 1053/2014), affermando la responsabilità di una donna che alla guida della sua auto investiva un bambino di 9 anni in biciclietta.
Sebbene il ragazzino avesse utilizzato un comportamento imprudente, spostandosi con "manovra repentina" dal marciapiede dove si trovava e attraversando la strada senza fermare la corsa della sua bici, il Tribunale ha deciso di attribuire all'automobilista una responsabilità del 30% nella causazione del sinistro, sull'assunto che, di fronte alla presenza di un bambino sul marciapiede, avrebbe dovuto non solo seguire le normali regole di prudenza ma anche aspettarsi possibili comportamenti imprudenti da parte del bambino e dunque essere in grado di prevenirli.
In discussione non è dunque la condotta anomala di chi è alla guida di una bicicletta ma la sua età: trattandosi di un bambino, l'automobilista avrebbe dovuto tenere conto "della massima di comune esperienza secondo la quale i bambini non sono normalmente in grado di valutare i pericoli inerenti la circolazione stradale e sono inoltre soliti creare ed esporsi a situazioni pericolose".
Tanto più che le caratteristiche e le condizioni della strada e dei luoghi "erano tali da consentire un tempestivo avvistamento del minore", cosa, peraltro, avvenuta, e dunque di porre in tempo utile una manovra d'emergenza, arrestare tempestivamente il veicolo o comunque evitare il pericolo, come richiesto dall'art. 142 Codice della Strada.