di Giovanna Molteni - Si configura il reato di cui all'articolo 674 c.p. (getto pericoloso di cose) qualora le emissioni in atmosfera promananti da un impianto produttivo provocano odori nauseabondi tali da arrecare gravi molestie ai residenti. È quanto afferma la Corte di Cassazione con la sentenza n. 12019 del 23 marzo 2015 qui sotto allegata occupandosi di una vicenda che ha coinvolto un gruppo di persone che abitavano vicino a un'industria di torrefazione.
La vicenda
Spesso all'interno delle loro case si avvertiva, specialmente all'ora di pranzo, un terribile odore di caffè bruciato. Un olezzo insopportabile, a detta dei residenti, che ha fatto finire la vicenda nelle aule dei tribunali.
Nel testo della sentenza la Cassazione richiama una costante giurisprudenza di legittimità secondo cui questo tipo di reato si configura anche nel caso di "molestie olfattive" a prescindere dal fatto che ci siano autorizzazioni per le emissioni e che si rispettino i relativi limiti.
Molestie olfattive è reato
Come fa notare la Corte, non esiste una normativa statale che preveda valori soglia in materia di odori e per questo il criterio della 'stretta tollerabilità' assurge a parametro di legalità dell'emissione, "attesa l'inidoneità ad approntare una protezione adeguata all'ambiente ed alla salute umana di quello della "normale tollerabilità", previsto dall'art. 844 cod. civ. in un'ottica strettamente individualistica"
Conformandosi a questo orientamento, nel caso di specie il giudice di ultima istanza evidenzia che il reato è consistito nella molestia, e che ciò prescinde dal superamento di eventuali valori soglia previsti dalla legge, essendo sufficiente quello del limite della "stretta tollerabilità".
Qualora difetti la possibilità di accertare obiettivamente l'intensità delle emissioni, il giudizio sull'esistenza e sulla non tollerabilità delle stesse può basarsi sulle dichiarazioni testimoniali, purché tali dichiarazioni non si risolvano nell'espressione di valutazioni meramente soggettive o in giudizi di natura tecnica, ma consistano nel riferimento a quanto oggettivamente percepito dagli stessi dichiaranti.
La Corte rigetta il ricorso, argomentando che gli odori, pur nel rispetto dei valori limite autorizzati di immissioni, si erano presentati con caratteri pacificamente molesti e che numerosi testimoni, la cui attendibilità non era mai stata posta in dubbio, avevano riferito di quell'odore terribile che si propagava all'interno delle case provocando nausea e, talvolta, anche vomito.