Ilaria Travaglione - ilaria.travaglione@gmail.com
La Corte Costituzionale, con sentenza 48/2015, "dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 275, comma 3, secondo periodo, del codice di procedura penale, nella parte in cui - nel prevedere che, quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine al delitto di cui all'art. 416-bis cod. pen., è applicata custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari - non fa salva, altresì, rispetto al concorrente esterno nel suddetto delitto, l'ipotesi in cui siano acquisiti elementi specifici, in relazione al caso concreto, dai quali risulti che le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure".
Con riguardo ai "delitti di mafia", la Consulta ha più volte affermato la presunzione assoluta di adeguatezza della misura della custodia cautelare in carcere come unica soluzione per garantire la rescissione del vincolo associativo. Secondo la giurisprudenza, la pericolosità sociale dell'associato può essere neutralizzata solo in tal modo.
Non può dirsi lo stesso per altre fattispecie criminose, come l'omicidio volontario, e il reato di associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti o psicotrope, per le quali non è ravvisabile nè la solida e permanente adesione all'organizzazione criminosa nè il forte radicamento sul territorio della stessa.
Rinviando alla precedente sentenza 57/2013, in tema di reati commessi con l'aggravante del "metodo mafioso", di cui all'art 7 d.l. 152/1991, la Corte ritiene che l'autore non necessariamente deve essere un soggetto interno al sodalizio, potendo ben qualificarsi come un estraneo. La presunzione di adeguatezza non può che essere relativa. Ciò, a maggior ragione, deve valere anche nell'ipotesi di c.d. concorso esterno.
É ormai consolidato l'orientamento che individua la qualità di «concorrente esterno» nel "soggetto che, senza essere stabilmente inserito nell'organizzazione criminale, e rimanendo, dunque, privo dell'«affectio societatis», fornisce un contributo causalmente efficiente - oltre che consapevole e volontario - alla conservazione o al rafforzamento delle capacità operative del sodalizio" (Corte di cassazione, sezione unite, 12 luglio-20 settembre 2005, n. 33748; nonché, tra le ultime, Corte di cassazione, sezione sesta, 18 giugno-31 luglio 2014, n. 33885).
Evidentemente, questi è "per definizione" un soggetto che non appartiene al sodalizio - dovendo altrimenti considerarsi "associato". Quindi le esigenze cautelari potranno ben essere soddisfatte anche con una misura cautelare diversa e meno afflittiva della custodia cautelare, non essendoci alcun vincolo con il sodalizio da rescindere.
Per superare la presunzione di pericolositá sociale sará necessario valutare la "non reiterabilità del contributo alla consorteria" (ex plurimis, Corte di cassazione, sezione sesta, 29 gennaio-27 febbraio 2014, n. 9478; Corte di cassazione, sezione sesta, 8 luglio-14 luglio 2011, n. 27685).
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