di Marina Crisafi - I figli avuti da precedenti partner e la presenza di un assegno mensile di mantenimento non sono ostacoli alle separazioni e ai divorzi in Comune davanti al sindaco. Lo ha precisato il Ministero dell'Interno con la circolare n. 0001307/2015, emanata nei giorni scorsi proprio al fine di chiarire alcuni dubbi interpretativi emersi durante l'applicazione pratica delle nuove norme varate con il c.d. decreto giustizia (d.l. n. 132/2014 convertito dalla legge n. 162/2014).
Oltre a chiarire le questioni controverse relative alla necessità di rivolgersi ad uno o più legali e sul dies a quo per far scattare le sanzioni per gli avvocati ritardatari (leggi "Separazioni e divorzi assistiti: no a un avvocato per due ma basta uno per trasmettere l'accordo"), la circolare ha chiarito la portata della riforma, ingiustamente limitata nelle sue potenzialità dalle precedenti interpretazioni ministeriali (cfr. circolari n. 16 e 19 del 2014).
Quanto al primo punto (la presenza di figli avuti da altri partner), ha spiegato il dicastero, la disposizione di cui all'art. 12, comma 2, del d.l. n. 132/2014, esclude il ricorso all'istituto in presenza di figli minori, o maggiorenni incapaci, portatori di handicap grave o economicamente non autosufficienti, che siano "comuni", ovvero figli dei coniugi che chiedono di accedere al procedimento. Non è ostativa, invece, l'eventuale presenza di figli "non comuni ma di uno soltanto dei coniugi richiedenti".
Sì, dunque a separazioni e divorzi fai-da-te anche laddove gli ex coniugi (uno o entrambi) abbiano figli che non siano il frutto del legame che si intende sciogliere ma avuti da un diverso partner.
Quanto al secondo punto, il ministero dà il proprio placet alla procedura anche in presenza di accordi economici patrimoniali che non siano "patti di trasferimento patrimoniali".
In un primo momento, infatti, la limitazione prevista dall'art. 12 era stata interpretata in senso "estensivo", escludendo il ricorso alla separazione e al divorzio
davanti al sindaco di fronte a qualsiasi accordo tra i coniugi che prevedesse un riconoscimento economico, e dunque anche con riferimento al versamento di un importo mensile a titolo di assegno di mantenimento o divorzile, riducendo così notevolmente la platea delle coppie che potevano adire la nuova procedura.Ma per il Ministero questo divieto è ingiusto.
I patti di trasferimento patrimoniale indicati dalla norma, infatti, afferma il Viminale, sono soltanto quelli "produttivi di effetti traslativi di diritti reali". Non rientra, pertanto, nel divieto, la previsione da parte dei coniugi di una somma pagata periodicamente a titolo di "assegno" di mantenimento o divorzile.
Qui la circolare del Viminale