di Marina Crisafi - Finché non sarà emanato l'apposito regolamento ministeriale, gli aspiranti avvocati sono "dispensati" dall'obbligo di frequentare corsi professionali per poter sostenere l'esame di abilitazione.
Lo ha chiarito il ministero della Giustizia, con nota del 5 maggio scorso (qui sotto allegata) rispondendo ad un quesito posto dal comune siciliano di Acicatena.
La vicenda aveva inizio a gennaio dello scorso anno quando l'ordine degli avvocati di Catania aveva previsto la frequenza obbligatoria ad un corso organizzato da una scuola forense locale, dal costo di oltre mille euro, quale condizione necessaria per il sostenimento dell'esame nel 2015. Sollecitato dalle segnalazioni di numerosi neolaureati che si lamentavano dell'impossibilità economica di far fronte ad una spesa simile, il consiglio comunale di Acicatena si è rivolto quindi al ministero.
E via Arenula ha precisato, sia all'ordine che al piccolo comune in provincia di Catania, che in assenza del regolamento di cui all'art. 43 della l. n. 247/2012, non ancora approvato, "la frequenza obbligatoria dei corsi di formazione non sarà prevista dal bando quale condizione di accesso all'esame".
Precisazione alla quale si è subito adeguato il Consiglio dell'Ordine di Catania deliberando la non obbligatorietà della formazione professionale preventiva per l'accesso all'esame di abilitazione, facendo riferimento però alla l. n. 11/2015 che ha prorogato di un biennio (anni 2015-2016) le regole attuali per il sostenimento dell'esame professionale, rinviando l'operatività della nuova disciplina (leggi "Esame avvocati: riforma rinviata al 2017. Restano i codici commentati").
Ma, di fatto, anche nel momento in cui avrà termine la disciplina transitoria (e dunque a partire dal 1 gennaio 2017) ed entreranno in vigore le nuove regole, laddove il regolamento del ministero non sia stato ancora approvato, i futuri avvocati non potranno essere obbligati alla frequentazione dei corsi di formazione.
La norma infatti parla chiaro.
L'art. 43, rubricato "corsi di formazione per l'accesso alla professione di avvocato" dispone che il tirocinio, oltre che nella pratica svolta presso uno studio legale, "consiste altresì nella frequenza obbligatoria e con profitto, per un periodo non inferiore a 18 mesi, di corsi di formazione di indirizzo professionale tenuti da ordini e associazioni forensi, nonché dagli altri soggetti previsti dalla legge".
Ma il successivo comma 2 subordina, l'operatività della disposizione al "regolamento" ad hoc emanato dal Ministro della Giustizia, sentito il CNF, che dovrà disciplinare:
- modalità e condizioni per l'istituzione dei corsi di formazione, "in maniera da garantire la libertà e il pluralismo dell'offerta formativa e della relativa scelta individuale";
- contenuti dei corsi in modo da ricomprendervi gli essenziali insegnamenti del linguaggio giuridico, della redazione degli atti giudiziari e delle tecniche per impugnare provvedimenti e atti, redigere pareri stragiudiziali ed effettuare ricerche;
- durata minima dei corsi stessi che non potranno essere inferiori a 160 ore per l'intero periodo;
- infine, modalità e condizioni per la frequenza da parte dei praticanti, per le verifiche intermedie e finali del profitto, affidati ad apposita commissione, al fine di garantire "omogeneità di giudizio su tutto il territorio nazionale".
Qui il parere del Ministero