La Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione (Sent. n. 26680/2004) ha stabilito che la molestia, prevista e punita dall'art. 660 c.p., non è solo quella commessa con qualsiasi mezzo in luogo pubblico o aperto al pubblico o quella commessa con mezzo del telefono, ma anche quella che avviene mediante gli Short Messages System (SMS). I Giudici di Piazza Cavour hanno infatti precisato che tali messaggi "vengono trasmessi attraverso sistemi telefonici, che collegano tra loro apparecchi telefonici cellulari e/o apparecchi telefonici fissi" e che "quanto al risultato, e più esattamente alla capacità offensiva del messaggio in danno della tranquillità privata del destinatario, è notorio che (a differenza di quel che in genere succede per lo strumento epistolare) il destinatario è costretto a leggerne il contenuto prima di poter identificare il mittente; sicché il mittente del messaggio, attraverso questo strumento, raggiunge lo scopo, dolosamente perseguito, di turbare la quiete e la tranquillità psichica del destinatario, ne più ne meno di come lo raggiunge quando usa lo strumento della comunicazione telefonica tradizionale". Infine la Corte ha precisato che "quello che l'art. 660 c.p. ha voluto incriminare non è tanto il messaggio molesto che il destinatario è costretto ad ascoltare (per telefono), quanto ogni messaggio che il destinatario è costretto a percepire, sia de auditu che de visu, prima di poterne individuare il mittente, perché entrambi i tipi di messaggi mettono a repentaglio la libertà e tranquillità psichica del ricevente".
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