Via libera agli stricioni che inneggiano alla rivoluzione durante le manifestazioni di piazza. La Corte di Cassazione ha infatti confermato l'assoluzione di un gruppo di ragazzi che nel corso di una manifestazione di interesse nazionale avevano innalzato una scritta in cui si divceva: "Sempre al fianco dei compagni che lottano per la rivoluzione". Secondo la Suprema Corte (sentenza n. 40552/2009), "l'elemento oggettivo dell'apologia di uno o piu' reati punibile ai sensi dell'art. 414, comma terzo c.p., non si identifica nella mera manifestazione del pensiero, diretta a criticare la legislazione o la giurisprudenza o a promuovere l'abolizione della norma incriminatrice o a dare un giudizio favorevole sul movente dell'autore della condotta illecita, ma consiste nella rievocazione pubblica di un episodio criminoso diretta e idonea a provocare la violazione delle norme penali, nel senso che l'azione deve avere la concreta capacita' di provocare l'immediata esecuzione di delitti o, quanto meno, la probabilita' che essi vengano commessi in un futuro piu' o meno prossimo'. Nella sentenza la Corte ricostruisce la vicenda evidenziando che i ragazzi nel corso di una manifestazione di interesse nazionale erano scesi in piazza con due diversi slogan per esprimere solidarieta' nei confronti di 15 persone arrestate con il sospetto di far parte del partito comunista politico militare. In uno di questi slogan innalzato in piazza c'era scritto appunto 'sempre al fianco dei compagni che lottano per la rivoluzione'. In un altro slogan si sosteneva che 'terrorista e' lo stato della reazione, non i compagni che lottano per la rivoluzione'. Il caso finiva nelle aule di giustizia con l'ipotesi di reato di istigazione a delinquere e apologia. I ragazzi venivano assolti dal gip del Tribunale di Rieti 'perche' il fatto non sussiste' posto che con quegli slogan non si era fatto altro che esercitare liberamente un proprio pensiero con 'espressioni di solidarieta' e supporto ad un gruppo di arrestati che, a torto o a ragione, erano stati ritenuti vittime di un programma repressivo e persecutorio da parte dello Stato'. E' stata la procura di Rieti a ricorrere in Cassazione sostenendo che frasi con cui si inneggiava alla rivoluzione sarebbero di 'incontrovertibile contenuto apologetico e istigativo'. Piazza Cavour ha bocciato la richiesta della procura evidenziando che l'attivita' contestata "non ha travalicato i limiti della libera manifestazione del pensiero, tutelata dall'art. 21 della Costituzione", specialmente se si considera che "non risulta che alla distribuzione dei volantini abbia fatto seguito la Commissione di un qualche illecito e che nessuna rilevanza puo' assumere l'assidua frequentazione con le persone arrestate".
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