Tornando a pronunciarsi in materia di assegno divorzile la prima sezione civile della Corte di Cassazione spiega i criteri che si debbono seguire per la sua determinazione richiamando anche diverse precedenti pronunce. Gli ermellini (sentenza n.23906/2009) spiegano innanzitutto che l'accertamento del diritto all'assegno di divorzio si articola in due fasi: la prima è quella in cui il Giudice deve verificare l'esistenza del diritto in astratto "in relazione all'inadeguatezza dei mezzi o all'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, raffrontati ad un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio, o che poteva legittimamente fondarsi su aspettative maturate nel corso del matrimonio, fissate al momento del divorzio". La seconda è quella in cui il giudice deve procedere alla determinazione in concreto dell'assegno in base alla valutazione ponderata e bilaterale dei criteri indicati dall'art. 5 l. n. 898/70, "che agiscono - spiega la Corte - come fattori di moderazione e diminuzione della somma considerabile in astratto, e possono in ipotesi estreme valere anche ad azzerarla, quando la conservazione del tenore di vita assicurato dal matrimonio finisca per risultare incompatibile con detti elementi di quantificazione". Nella sentenza la Corte richiama come precedenti le proprie sentenze n. 15610/2007; n. 18241/2006; n. 4040/2003 oltre che un orientamento espresso dalle sezioni unite (n. 11492/1990), secondo cui "l'accertamento del diritto all'assegno divorzile va effettuato verificando innanzitutto l'inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente a conservare un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio e che sarebbe presumibilmente proseguito in caso di continuazione dello stesso". Il tenore di vita - scrive la Corte - si può anche desumere induttivamente "dalla documentazione relativa ai redditi dei coniugi al momento della pronuncia di divorzio [...]costituendo essi, insieme agli immobili direttamente goduti dai coniugi, il parametro per determinarlo"
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