La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 3753 del 15 febbraio 2011, statuisce in merito al ricorso proposto da un datore di lavoro avverso la sentenza della Corte d'Appello che, confermando la statuizione di primo grado, dichiarava l'illegittimità del licenziamento intimato ad un dipendente per avere prestato attività lavorativa a favore di terzi durante il periodo di assenza per malattia, nonostante il lavoratore si fosse giustificato con la necessità di sostituire, solo per poche ore, un amico titolare di altra macelleria. I Giudici di appello ritenevano sproporzionata la sanzione del licenziamento, richiamando la giurisprudenza per cui il recesso per espletamento di lavoro durante l'assenza per malattia è consentito solo ove la malattia sia simulata, ovvero la guarigione venga compromessa, elementi tutti mancanti nel caso di specie, mentre non era fondato l'addebito di violazione del divieto di concorrenza, in quanto non contestato e quindi non passibile di ripescaggio nel corso del giudizio. La Suprema Corte, non comprendendo il motivo che ha condotto i Giudici di merito ad affermare che non era stata contestata la violazione del divieto di non concorrenza - dato che nella lettera di contestazione questa veniva addebitata chiaramente al dipendente, che in un giorno di assenza per malattia aveva svolto attività lavorativa presso altro esercizio commerciale di vendita al pubblico di macelleria, e si richiamava l'art. 151 del CCNL (il quale elenca i provvedimenti disciplinari e indica le violazioni cui corrisponde ciascuna sanzione; per quanto riguarda il provvedimento di licenziamento, l'art. 151 fa riferimento ad una pluralità di mancanze, tra cui è compresa l'attività in concorrenza) -, accoglie il ricorso cassando con rinvio la sentenza.
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