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Femminicidio: che l'Italia faccia qualcosa per fermarlo



"La cultura in mille modi rafforza la concezione per cui la violenza maschile sulle donne è un qualcosa di naturale, attraverso una proiezione permanente di immagini, dossier, spiegazioni che legittimano la violenza, siamo davanti a una violenza illegale ma legittima, questo è uno dei punti chiave del femminicidio". (Marcela Legarde)

Sarà la morte di Franca Rame, sarà l'ennesima donna uccisa dal proprio ex, sarà che sono donna, ma sento la necessità di scrivere qualcosa sulla violenza contro le donne. E ho voluto iniziare con queste parole dell'antropologa messicana che ha per prima avuto il coraggio di parlare di femminicidio.

Franca Rame, che la violenza l'ha subita in maniera brutale, si era battuta con grande energia affinché le leggi che puniscono tutti i crimini contro le donne potessero essere più duri, così da poter divenire deterrenti efficaci ai crimini contro le donne.Come la Rame anche altre donne stanno ancora lottando perché le leggi divengano più severe, soprattutto partendo dagli episodi che spesso sono trascurati o considerati casi isolati anche dalle autorità di competenza, e che invece purtroppo sfociano spesso in morti violente. Tra queste una in particolare, Rashida Manjoo, Relatrice Speciale dell'Onu contro la violenza sulle donne, che sta spingendo l'Europa verso un percorso comune di tolleranza zero verso i crimini contro le donne, che spesso si concludono con il femminicidio. Un termine che in troppi negano, che racchiude omicidi di mogli, fidanzate e figlie, ma si dovrebbe estendere anche ai suicidi provocati dalla disperazione s dall'incapacità si porre fine alle violenze domestiche.

La Manjoo, dopo aver visitato il nostro paese agli inizi del 2012, ne ha fornito un ritratto desolante: "il quadro politico e giuridico frammentario e la limitatezza delle risorse finanziarie per contrastare la violenza sulle donne, infatti ostacolano un'efficace ottemperanza dell'Italia ai suoi obblighi internazionali".Ha chiesto quindi all'Italia di ratificare la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza nei confronti delle donne e sulla violenza domestica. E sulla scia di questo il nostro paese ha già sottoscritto una serie di trattati internazionali (come la CEDAW, Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne), eppure la violenza contro le donne resta un problema rilevante.

Ci si aspetta ora che anche l'Italia metta a punto una proposta di legge valida e efficace, che abbia anche il difficile compito di spazzare via qualsiasi retaggio culturale che rimpianga il vecchio crimine d'onore, che rammentiamolo è stato abrogato solo nel 1981.Rileggiamoci insieme quel che l'art. 587 del codice penale prevedeva, per comprendere da dove venga in parte il retaggio misogino che ha per anni giustificato il femminicidio: "Chiunque cagiona la morte del coniuge, della figlia o della sorella, nell'atto in cui ne scopre la illegittima relazione carnale e nello stato d'ira determinato dall'offesa recata all'onor suo o della famiglia, è punito con la reclusione da tre a sette anni. Alla stessa pena soggiace chi, nelle dette circostanze, cagiona la morte della persona che sia in illegittima relazione carnale col coniuge, con la figlia o con la sorella." Data: 02/06/2013 13:49:00
Autore: Barbara LG Sordi