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La Riammissione in Servizio nel Pubblico Impiego – Tar Roma



di Gerolamo Taras - La suddivisione delle competenze tra il Giudice Amministrativo e quello ordinario in funzione di Giudice del lavoro nel pubblico impiego trova la sua delimitazione nel decreto legislativo 165/2011. In particolare negli articoli:

- 69 comma 7: "Sono attribuite al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, le controversie di cui all'articolo 63 del presente decreto, relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro successivo al 30 giugno 1998. Le controversie relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro anteriore a tale data restano attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo solo qualora siano state proposte, a pena di decadenza, entro il 15 settembre 2000".
- 63 comma 1: "Sono devolute al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni … ad eccezione di quelle relative ai rapporti di lavoro di cui al comma 4.. incluse le controversie concernenti l'assunzione al lavoro… ancorché vengano in questione atti amministrativi presupposti (...)".
- 63, comma 4: "Restano devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie in materia di procedure concorsuali per l'assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, nonché, in sede di giurisdizione esclusiva, le controversie relative ai rapporti di lavoro di cui all'articolo 3, ivi comprese quelle attinenti ai diritti patrimoniali connessi".

Di conseguenza:
a) la pretesa del ricorrente diretta all'accertamento dell'illegittimità del diniego di riammissione in servizio ricade nella giurisdizione del giudice ordinario.
b) deve essere declinata la giurisdizione amministrativa, con riferimento alla domanda di parte ricorrente, volta ad ottenere la declaratoria dell'obbligo dell'Amministrazione di adottare un provvedimento conclusivo in ordine all'istanza, non essendo tale domanda esperibile, nel caso in cui, il giudice amministrativo sia privo di giurisdizione, in ordine al rapporto cui inerisce la richiesta.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Roma (Sezione Seconda) – sentenza N. 06307/2013 del 19 giugno 2013 depositata in segreteria il 25/06/2013- fondandosi su queste considerazioni, ha giudicato inammissibile il ricorso, proposto da M. C. per l'annullamento dell'atto, in data 25.03.2013, con il quale l' Amministrazione di Roma Capitale, aveva dichiarato di non essere obbligata a provvedere sull'istanza del ricorrente, volta ad ottenere la riassunzione presso l'Amministrazione Comunale;

Queste le argomentazioni svolte dai Giudici:

- “a seguito della privatizzazione del pubblico impiego, il potere dell'Amministrazione di disporre la riammissione in servizio si è trasformato da potere amministrativo autoritativo in potere privato, al di fuori quindi delle materie riservate all'ambito del diritto pubblico dal D.Lg. n. 165 del 2001, art. 69 comma 1. Per cui la domanda di riammissione in servizio non introduce un procedimento amministrativo, ma, avendo natura di proposta contrattuale, pone in essere un mero procedimento di diritto privato definito con l'accoglimento o il rigetto di detta domanda, in quanto tale soggetto alla giurisdizione ordinaria (Cassazione Civile – SS. UU. - 21 dicembre 2009 n. 26827)”;

- secondo la giurisprudenza consolidata delle Sezioni Unite della Cassazione, ai fini dell'attribuzione della giurisdizione secondo il disposto del D.Lgs. 165/01 art. 69, comma 7, occorre aver riguardo ai fatti materiali o ai provvedimenti della cui giuridica rilevanza si discute, ossia ai fatti o a provvedimenti sui quali si fonda, o da cui dipende, la pretesa dedotta in giudizio (cfr. Cass. SS.UU. 21/6/2010 n. 14895; 15 aprile 2010 n. 8984; 11 marzo 2008 n. 6418. Nel caso di specie la pretesa del ricorrente si riconnette ad atti adottati successivamente alla data del 30 giugno 1998, che segna il discrimine tra la giurisdizione del giudice amministrativo e quella del giudice ordinario.
- inoltre, come ha correttamente rilevato la Cass. SS.UU. 21 dicembre 2009 n. 26827 "la riammissione in servizio ai sensi del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 132 si fonda sulla esistenza di un precedente rapporto di lavoro ed è estranea, pertanto, alle vicende proprie della costituzione ex novo del rapporto lavorativo, quali i procedimenti di selezione per l'accesso al lavoro (cfr. Cass. n. 3360 del 2005)" per i quali sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo”.

Aggiungiamo che la Corte di Cassazione, nella sentenza 5 ottobre 2006 n. 21408, aveva enunciato il seguente principio di diritto:
“l'istituto della riammissione in servizio del dipendente dimissionario di amministrazione pubblica (ai sensi del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 132, Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello stato), - presupponendo la decisione discrezionale dell'amministrazione di coprire il posto rimasto scoperto a seguito delle dimissioni - non fonda il diritto soggettivo alla riammissione in servizio, appunto, a favore del dipendente dimissionario”.

Di conseguenza - si legge sempre nella sentenza-
La riammissione in servizio del dipendente dimissionario di amministrazione pubblica (ai sensi del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 132) non forma "oggetto di diritto soggettivo", in quanto è subordinata all'esito della ricognizione discrezionale della stessa amministrazione, circa la sussistenza di "un interesse pubblico al provvedimento" di riammissione in servizio … senza che possano rilevare, in contrario, le ragioni - che hanno indotto, l'amministrazione a non disporre, nella specie, la riammissione in servizio del dipendente dimissionario (ed attuale ricorrente) - parimenti investite da censure, con i primi cinque motivi di ricorso.

La privatizzazione del rapporto di lavoro alle dipendenze di amministrazioni pubbliche, infatti, ha lasciato inalterato il regime - in materia di reclutamento del personale - che resta, pertanto, identico sia per il personale rimasto in regime di diritto pubblico sia per quello - che qui interessa - in regime contrattuale.
La disposizione (D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 35, Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche) - che prevede (comma 1) l'assunzione, con contratto individuale di lavoro, alle dipendenze di amministrazioni pubbliche (all'evidenza, con riferimento esclusivo ai rapporti di lavoro in regime contrattuale) - reca la conferma contestuale, quanto esplicita, della regola che impone di procedere al reclutamento del personale mediante concorso (in coerenza, peraltro, con l'articolo 97 Cost., comma 3), nonchè "mediante avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento ai sensi della legislazione vigente per le qualifiche e profili per i quali è richiesto il solo requisito della scuola dell'obbligo, facendo salvi gli eventuali ulteriori requisiti per specifiche professionalità".

Pertanto “per i lavoratori con i quali si costituisce, mediante contratto, il rapporto di lavoro alle dipendenze di amministrazioni pubbliche - il diritto soggettivo a stipulare il contratto - correlato all'obbligo dall'amministrazione di prestare il proprio consenso - è configurabile soltanto in favore dei soggetti - individuati all'esito della procedura concorsuale, collocandosi, infatti, sul terreno del diritto privato (ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 5, comma 2), dopo l'esaurimento della stessa procedura, capacità ed atti di gestione dell'amministrazione.
Rispondono, invece, soltanto all'interesse pubblico di procedere alla copertura di vacanze - parimenti utilizzando, tuttavia, l'esito di procedura concorsuale pregressa, in coerenza con la costituzione (art. 97, comma 3, cit.) - sia l'istituto dello scorrimento della graduatoria - che, conservando, temporaneamente, efficacia alla graduatoria di concorso pregresso, consente l'assunzione dei candidati che ne siano risultati idonei, ma non vincitori - sia l'istituto, che qui interessa, della riammissione in servizio (ai sensi del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 132), che rende possibile la riammissione in servizio, appunto, di dipendenti cessati dal servizio per una delle cause (dimissioni, collocamento a riposo, decadenza) - previste, contestualmente, in forma esplicita - nonchè per la causa (dispensa dal servizio per motivi di salute), che risulta, sostanzialmente, aggiunta dalla sentenza interpretativa di accoglimento (n. 3 del 26 gennaio 1994) della Corte Costituzionale.

Lungi dal fondare il diritto all'assunzione - e, rispettivamente, alla riassunzione - in favore dei beneficiari (candidati idonei in precedente concorso, appunto, e dipendenti cessati dal servizio per dimissioni o per altra cause, parimenti rilevante allo stesso fine), gli istituti giuridici prospettati (scorrimento della graduatoria, appunto, e riammissione in servizio) presuppongono, infatti, la scelta dell'amministrazione di coprire il posto vacante - non dissimile, nella sostanza, dalla scelta presupposta dall'avvio di procedura concorsuale - e conferiscono alla stessa amministrazione il potere discrezionale di non avviare una nuova procedura concorsuale, ma di utilizzare gli esiti di procedura precedente (assumendo candidati che ne siano risultati idonei, ma non vincitori, appunto, o riassumendo dipendenti, assunti mediante concorso, ma cessati dal servizio per una delle cause rilevanti a tale fine).

Con riferimento specifico all'Istituto della riammissione in servizio, la disposizione ( D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 132) - che, per quanto si e detto, ne reca la disciplina - prevede, infatti, la facoltà dell'amministratore di procedere alla riammissione in servizio ("può essere riammesso in servizio (....)") del dipendente dimissionato - per quel che qui interessa - o cessato, comunque, dal servizio per una delle altre cause, parimenti rilevanti allo stesso fine.
Ne risulta/quindi, confermato - anche dal tenore letterale della disposizione in esame - che "l'amministrazione, nel decidere sull'istanza di riammissione, deve procedere al rigoroso accertamento dei requisiti oggettivi e soggettivi previsti dalla legge, e possiede, comunque, un ampio potere discrezionale nella valutazione dell'esistenza dell'interesse pubblico all'adozione del provvedimento" (così, testualmente, Corte Cost. n. n. 3 del 26 gennaio 1994, cit.).

A fronte di un potere discrezionale così ampio - esercitato, peraltro, in funzione esclusiva dell'interesse pubblico alla copertura del posto rimasto vacante a seguito delle dimissioni - non è, all'evidenza, configurabile il diritto soggettivo del lavoratore dimissionario alla riammissione in servizio, a prescindere dalle ragioni - che inducono amministrazione a non disporre la riammissione - coerentemente sottratte al sindacato del Giudice”.

Data: 29/06/2013 16:00:00
Autore: Gerolamo Taras