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Legge Bossi-Fini: un tragico errore?



Quel che è accaduto l'altro ieri nel mare siciliano, nei pressi dell'isola dei Conigli, sta indignando gran parte degli italiani.

Centinaia di cadaveri di immigrati clandestini (ma forse sarebbe più corretto parlare di aspiranti immigranti) sono stati ripescati dai fondali, morti per un incendio scoppiato a bordo di uno scafo, che trasportava la bellezza di 500 persone, e forse più, con il miraggio di arrivare in un paese civile ed accogliente.
E invece che civiltà e accoglienza hanno trovato la morte, atroce e dolorosa. Feriscono le immagini dei cadaveri messi in fila, così come le  lacrime che scorrono sul volto di una soccorritrice. Feriscono anche i commenti di molte persone che liquidano l'episodio come l'ennesima riprova che, se non si vuole rischiare espulsione o morte, basterebbe restare a casa propria. Peccato che spesso a casa propria l'alternativa alle due può essere ben peggiore: potrebbe infatti corrispondere a morire di sicuro. Cosa fareste voi al loro posto? Non tentereste forse anche voi la fuga?
Io si personalmente. Infischiandomene allegramente della legge Bossi-Fini, che in molti invocano di modificare. Non solo per "umanizzare" il problema dell'immigrazione clandestina, ma quantomeno per conformarla al resto d'Europa.
Da noi infatti resta ancora nel limbo la questione dei clandestini che chiedono asilo politico, semplicemente perché i nostri legislatori se ne sono dimenticati oppure perché saremmo costretti a legalizzare quasi tutte le immigrazioni che quotidianamente coinvolgono il nostro territorio? Eppure fuggire da un paese in cui le speranze di sopravvivenza, a causa di governatori o monarchi folli, dovrebbe essere permesso. Non includo nel processo, naturalmente, l'immigrazione per traffici illeciti o prostituzione; in questo caso si tratta di deliquenti, non di poveri disperati. Cosa sarebbe stato della moltitudine di italiani scappati al regime mussoliniano oppure dalla riconquistata Libia? Il nostro rifiuto del diverso dovrebbe essere sradicato sin dalla tenera età.
E non trovo didascalico ricordare che anche noi un tempo fummo paese di emigrazione massiccia, e non molto gradita, verso lidi più ricchi e con più prospettive di lavoro del nostro Sud.
Tra i vari commenti all'episodio di Lampedusa sono rimasta colpita da quello in cui si invoca maggior empatia, maggior immedesimazione in ciò che accade a questi disperati. Pensare anche solo per dieci minuti a cosa significhi non avere mezzi di sussistenza, medicinali oppure essere perseguitati perché di religione non gradita. Costretti a investire tutti i propri risparmi oppure la propria vita per potersi pagare un viaggio, che oltretutto ha alte probabilità di finire in tragedia. Come possiamo punire, con una legge a sancirlo, il desiderio di salvarsi?
Data: 04/10/2013 10:00:00
Autore: Barbara LG Sordi