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D.M. 19.3.13 E RIVALSA INPS PER PENSIONI D'INVALIDITÀ CIVILE.



di Pasquale Acconcia - (Si chiude il cerchio fra welfare e responsabilità civile, verso una nuova “equità sociale)

        E' entrato in vigore il decreto ministeriale di attuazione dell'articolo 41 della L.183/2010 (1)  che, nel quadro della razionalizzazione del sistema previdenziale e con l'obiettivo di coniugare ridimensionamento dei costi sociali ed equità, prevede  - sotto il titolo “”Responsabilità di terzi nelle invalidità civili”” - che 1. Le pensioni, gli assegni e le indennità, spettanti agli inidi civili ai sensi della legislazione vigente, corrisposti in conseguenza del fatto illecito di terzi, sono recuperate fino a concorrenza dell'ammontare di dette prestazioni dall'ente erogatore delle stesse nei riguardi del responsabile civile e della compagnia di assicurazione.2. Agli effetti del comma 1, il valore capitale della prestazione erogata è determinato mediante criteri e tariffe stabiliti con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e del Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il consiglio di amministrazione dell'INPS, da emanare entro sessanta giorni(2) dalla data di entrata in vigore della presente legge.

        Il decreto definisce criteri e tariffe in assenza delle quali  era impossibile attuare la previsione di base, salvo rimettere al prudente apprezzamento tecnico dell'Istituto assicuratore  e, poi, dei giudici, la individuazione di convincenti parametri tecnici; un po' la vicenda del danno biologico e delle tabelle o normative (nel caso dell'assicurazione infortuni, ad esempio) di riferimento. In questo modo si completa il percorso di collegamento fra il sistema previdenziale e quello di sicurezza sociale (mix di sanità, previdenza, assistenza) che, da sempre previsto nell'ambito dell'assicurazione per gli infortuni sul lavoro (3), ha trovato progressiva evidenza anche nel sistema previdenziale in termini riassunti dall'INPS nella circolare 134 del 2011. La circolare, pur riferita alla legge 222 del 1984, schematizza, infatti, l'intero panorama di azioni surrogatorie, compresa quella oggetto del decreto di marzo 2013 (4)  ed è completata dalla circolare 2013 concernente l'accordo INPS-ANIA (5) che disciplina dei rapporti fra i due sistemi anche alla luce delle disposizioni del nuovo Codice delle assicurazioni (6). A quest'ultimo proposito, per inciso, non è superfluo precisare che le fonti dei diritti in questione accomunate nei richiami all'art. 1916 cod.civ. e 142 Codice delle assicurazioni devono essere considerati distintamente per l'alternatività dei due percorsi e per la portata generale del primo e specifica per la rca del secondo: fra l'altro, mentre la prima prevede che sia intervenuto il pagamento dell'indennizzo, può essere esperita solo nei confronti del responsabile civile e il surrogante deve manifestare la propria volontà; quella dell'articolo 142, riferita alla rca, non esige il preventivo pagamento, può essere esperita solo nei confronti dell'assicuratore ed è quest'ultimo a dover comunicare all'assicuratore sociale la sua facoltà di surrogarsi.

        Riprendendo le file del discorso, l'accostamento di queste fattispecie all'assicurazione INAIL  frequente in quanti trattano il tema, rischia di essere fuorviante poiché trascura un dato essenziale del discorso, da approfondire in altra sede non ricognitiva: la circostanza, cioè, che l'assicurazione per la responsabilità civile al pari di quella infortuni dell'INAIL riguarda fatti dannosi ben identificati per l'evento e per le sue conseguenze, mentre in materia pensionistica il focus è sulla situazione complessiva della “salute” dell'interessato, nel valutare la quale si considerano anche, ma non solo, gli effetti della lesione riconducibile a responsabilità di terzo.

E' intuitivo, quindi, come si ponga un problema dei confini di tale rilevanza nella “pratica” pensionistica al fine di non creare un ingiusto danno per chi richieda la pensione e un arricchimento ingiustificato dell'ente previdenziale.

 A conferma di tale riflessione può rilevarsi come rispetto nell'assicurazione infortuni l'INAIL assuma una veste di istituto assicuratore, sicché il discorso ha una doppia prospettiva nel senso che l'Istituto per un verso, si propone come assicuratore che indennizza per un danno provocato da terzi in termini di surrogazione  (prescindendo dal tema del regresso), per altro verso si propone come gestore di tutela sociale le cui prestazioni possono dover essere “coniugata” con altre anch'esse sociali per assonanza di evento.

L'accostamento con l'assicurazione infortuni spesso operato nel parlare del tema della rivalsa INPS,  quindi, dovrebbe riguardare non tanto l'azione di surroga dell'INAIL quanto il tema dei rapporti per la cumulabilità, o meno, della rendita infortuni e pensioni AGO, per i quali la giurisprudenza è ferma nel ritenere che il divieto di cumulo riguardi le sole componenti comuni e non il semplice concorso del danno nella creazione del bisogno del pensionato. E per l'azione di surroga, d'altra parte, è di tutta evidenza come per l'INAIL la stessa sia naturalmente più agevole per identità di attenzione rispetto allo stesso evento invalidante.

 Nel merito del divieto di cumulo, peraltro, non è inutile riflettere sul fatto – rilevante come vedremo per  meglio chiarire il contenuto della pretesa dell'INPS  in surroga -  che in epoca non sospetta di assistenzialismo, con ben netta la funzione risarcitoria dell'assicurazione infortuni, l'originario sistema regolatore del cumulo (art. 61 del r.d.l. 1827 del 1965) prevedeva la riduzione della pensione d'invalidità  a una misura tale che, sommata alla rendita non superasse la retribuzione annua dell'assicurato.  Prevaleva, quindi, la funzione sostitutiva della retribuzione attribuita al trattamento previdenziale – dato ineccepibile – con irrilevanza del fatto che la rendita costituiva (e costituisce ancor oggi) una restituzione per equivalente di una diminuita integrità psico fisica. Sulla base di questa considerazione la legge del 1962 n.1338 soppresse tale limite a fronte di perplessità anche in relazione a crescenti difficoltà delle finanze previdenziali. Da allora per successivi interventi il limite è stato ripristinato, fino all'articolo 1, comma 43 della legge 335 del 1995 che ha disposto che le pensioni a carico dell'AGO liquidate in conseguenza di infortunio o malattia professionale non sono cumulabili con la rendita vitalizia liquidata  per lo stesso evento invalidante, fino a concorrenza della rendita stessa. La formulazione sembra accurata ma in effetti poggia su una sottilissima lastra di ghiaccio non rafforzata certo dalle motivazioni via via proposte.

Così si chiarisce che il divieto non riguarda la pensione di anzianità o vecchiaia  frutto di presupposti diversi dalla pensione di invalidità: il versamento dei contributi e l'età pensionabile. La precisazione, pur autorevole (De Matteis, Infortuni sul lavoro e malattie professionali, 2011, Padova, 600), non convince del tutto poiché la pensione d'invalidità poggia le sue fondamenta nello stesso substrato contributivo e contrattuale delle altre due, quale uno dei modi per fruire del corrispettivo dei contributi versati. D'altra parte la giurisprudenza della Cassazione ha delimitato l'area del divieto da riferire allo stesso evento, sicché non opera nell'ipotesi di trattamenti pensionistici non riconducibili a tale fattispecie. Non solo, ma nel caso in cui la componente professionale concorra solo in parte a determinare il grado di invalidità pensionabile, il divieto non opera (come puntualmente ricorda De Matteis, op. Loc.cit) neppure se la componente stessa è maggioritaria. L'ambito di applicazione è ristretto, così,  quale frutto di un compromesso fra diverse esigenze, frutto anche di momenti emozionali al pari, del successivo superamento del divieto operato dal legislatore per i rapporti fra rendita ai superstiti e pensione di reversibilità.

Si tratta, insomma, di un complesso meccanismo che, con l'obiettivo primario di fa cassa, cerca di contemperare non coincidenti istanze con riscontro speculare per il  cumulo delle prestazioni assistenziali (di invalidità civile) con quelle per invalidità contratte per causa di guerra, lavoro, servizio e le pensioni dell'AGO; un rapporto che, per quanto qui interessa, dovrà ispirarsi agli anzidetti criteri riguardanti la necessaria coincidenza degli eventi posti a base delle varie prestazioni. (art.12 della legge 412 del 1991).

Sui precedenti aspetti torneremo da ultimo, rinviando alla relativa trattatistica e alle esperienze sul campo dell'ente previdenziale, mentre  può essere utile rileggere piuttosto lo schema dei raccordi fra i due sistemi alla luce di una premessa riguardante l'assetto del nostro welfare per com'è stato, com'è, come si avvia a diventare.

Questo sistema si è sviluppato per successive approssimazioni da un'assistenza “pubblica” articolata rispetto a varie situazioni di bisogno, per i profili sanitari e quelli economici. L'attenzione primaria riguardava la condizione di povertà e indigenza con occhio attento a coniugare  presa in carico e tutela (con significative componenti di carità)  del soggetto bisognoso con la tutela della collettività e della salute, sicurezza e decoro pubblici. (7) Dalla fine dell'800 in parallelo indifferente con questo sistema – perché di sistema si trattava (8) – si è sviluppato un insieme d'istituti per i lavoratori originati da forme di assicurazione volontaria, con i tipici caratteri, appunto, dell'assicurazione infortuni e della “previdenza”. Questi istituti sono poi  evoluti in tutele obbligatorie, arricchite nei contenuti e estese a categorie sempre nuove di “lavoratori” (o assimilate) con la cerniera, da ultimo, di strumenti assistenziali: la pensione sociale nata in ambito previdenziale, in favore  di quanti per età, menomazioni, indigenza versassero in condizione di bisogno, definita con specifici requisiti.

Il meccanismo, quindi, è frutto di una costruzione additiva con la solidarietà generale posta in fondo al percorso di tutela e non, come nel caso di diverse tipologie di Stato sociale, all'inizio quale sistema dedicato all'intera popolazione con   prestazioni di vario genere, sul quale si potessero appoggiare poi sistemi via via differenziati e articolati per destinatari e contenuti di tutela.(9)  Questo “compiuto sistema di sicurezza sociale":

La separatezza fra i sistemi accompagnata, nel caso della assicurazione/previdenza, dall'eco dell'originario fondamento privatistico (prestazioni corrispettivo di contributi versati; prestazioni rese a risarcimento/ristoro di danno subito per lavoro e/o per aver servito la patria ecc.) comportava come  naturale conseguenza che lo stesso soggetto fruisse di prestazioni distinte facenti capo ai diversi  di riferimenti: il beneficio X mi spetta in quanto cieco,  la pensione perché  lavoratore vecchio, o invalido, l'indennizzo INAIL in quanto infortunato; con indifferenza per lo più per la situazione economica complessiva dell'interessato.

Il meccanismo era ulteriormente complicato dalla diversità  dei requisiti legali previsti per aver diritto alle varie prestazioni con una rete, spesso sgangherata, di distinguo (per tutti quelli riguardanti le nozioni di abilità, disabilità, invalidità ecc,), di battaglie costituzionali e in Cassazione, focalizzate fra l'altro sulla rilevanza di certe prestazioni sociali rispetto alla certificazione dello stato di bisogno della persona. Da ciò, fra l'altro, il rilievo dell'ISEE e delle battaglie tuttora in corso rispetto alla riforma dello stesso, sempre imminente proprio rispetto al punto, ad esempio, della rilevanza o meno della rendita infortuni nel calcolo del reddito utile.

La stessa indifferenza valeva, ovviamente, per i rapporti fra il sistema assistenziale/previdenziale e quello della responsabilità civile (e connesse assicurazioni), con solide motivazioni legate alla funzione risarcitoria di quest'ultimo; preminente tanto che era pacifico che l'INAIL potesse surrogarsi all'infortunato verso terzi danneggianti, con un meccanismo più agevole rispetto a quello del decreto in questione per il comune riferimento alle conseguenze lesive di uno specifico evento.

Nel tempo, però, quest'assetto così affastellato ha cominciato a entrare in crisi a causa delle ricorrenti difficoltà economiche, dello squilibrio fra contribuenti e beneficiari del sistema previdenziale e, in parallelo, per l'evolversi delle concezioni dello Stato sociale sempre più attento alla condizione di bisogno (ora di disagio sociale) fino alle più recenti iniziative volte a focalizzare attenzione e risorse assistenziali verso soggetti “autenticamente” bisognosi (10).

Si tratta di un mix fra esigenze di bilancio, insostenibilità della spesa sociale, nuove visioni del ruolo dello Stato  e del “pubblico” in generale che richiederebbe di essere affrontato con riforme strutturali, come si usa dire, complesse e laboriose nell'attuazione (11); riforme per le quali sembrano tuttora mancare i presupposti politici – la stagione del Governo Monti lo conferma – ed è inevitabile, quindi, affrontare il “mix” giorno dopo giorno, questione per questione, creando sconcerto e legittimando proteste rispetto a provvedimenti che, in prospettiva, appaiono quasi ovvi nei loro suggestivi richiami a esperienze straniere, a interventi salvifici e quant'altro.

In  questo groviglio di contraddizioni spiccano, poi, altri fattori e valutazioni di politica sociale a cominciare dal fatto che è radicata l'idea di una sicurezza sociale come succedaneo della retribuzione, sicché si tende a ritenere quest'ultima e i suoi livelli una sorta di barriera di là dalla quale il fruire di una molteplicità di prestazioni per un ammontare superiore a quella base appare come una forma di illecito  - o iniquo, quanto meno, arricchimento (12).

Allo stesso filone ideologico può ricondursi la volontà di molti di valorizzare il ruolo della famiglia; quella famiglia che secondo il codice civile ha precisi obblighi alimentari o di mantenimento rispetto a suoi componenti in condizioni disagiate. (13)   Tutti rivendichiamo autonomia dei singoli e nelle famiglie, salvo rivolgersi allo Stato per qualsiasi evenienza extra ordinem; a  questa filosofia sociale si contrappongono teorie minoritarie, ma presenti, che intendono richiamare al centro del sistema la funzione della solidarietà familiare, parte integrante di un nuovo welfare.

Gli obblighi, in particolare, affondavano le radici nell'originario sistema di assistenza sociale “residuale” – l'ultima e non prima barriera rispetto all'indigenza – che contemplava - all'art. 1, co.1 della legge 1580/1931 -  un'azione di rivalsa del nosocomio nei confronti dei congiunti tenuti agli alimenti, ripresa dal codice civile del 1942 e sottoposta poi al vaglio di costituzionalità dalla sentenza 349/1989 della Corte costituzionale (14). S'intravedeva, in questo meccanismo, una trama precisa – si parte dalla famiglia e si arriva allo Stato – entrato in crisi definitivamente con la riforma sanitaria del 1978 (e la pressoché coeva riforma istituzionale dell'assistenza) che, declinando il ruolo pubblico a tutela della salute individuale e collettiva, abrogava tacitamente tutto il precedente impianto di obblighi alimentari, pur senza escludere (ma solo negli ultimi tempi) la possibilità di valorizzare il potenziale economico del soggetto e suo nucleo familiare  grazie la partecipazione alla spesa in varie forme.

In questo modo negli anni recenti dalla indifferenza richiamata all'inizio si è passati al rilievo della condizione economica del soggetto (pur viziata dalla evasione fiscale) con una traiettoria ormai chiara che sembra condurre, pur con ripensamenti, a una nuova stagione di rilevanza del reddito complessivo dell'interessato e della sua famiglia  – esente o non dall'IRPEF. Un primo passo, insomma, per colmare il distacco finora riproposto dal legislatore fra l'individuo – anzi fra l'individuo qualificato come invalido, cieco, sordo ecc. – e le istituzioni pubbliche chiamate a farsene carico in modo prioritario e anzi esclusivo. Senza nulla togliere – ovviamente – al fatto che  il procedere “a pioggia” rende comunque insufficienti gli interventi pubblici, per tutti gli appartenenti alla categoria, e le famiglie devono comunque farsi carico di costi occulti.

L'obiettivo, quindi,  rimane trasparente nel senso che si intenderebbe restituire equità e coerenza costituzionale con un sistema che ponga al centro la persona con i suoi bisogni che possano essere soddisfatti: con il suo lavoro e impegno professionale; in mancanza, con il contributo della  famiglia, primo sostegno della persona, esaurito il quale si può risalire l'intreccio di responsabilità privata e funzioni dello Stato sociale, chiamato ad occuparsi di tutte le condizioni di disagio umano, personale, professionale per interventi che: - garantiscano piena equità; - realizzino significativi risparmi con razionalizzazioni che tocchino anche imeccanismi di cumulo e divieti operanti per i singoli alle prese con problemi di correlazione, appunto, fra intervento pubblico e intervento privato (15).

Questi ultimi interventi, letti isolatamente, appaiono convincenti sul piano finanziario ed etico: qualsiasi risparmio è un'opportunità per mantenere o migliorare l'attuale condizione  e livello di tutela per persone in condizione di bisogno. Nel loro insieme, però, destano qualche preoccupazione poiché smontano pezzi importanti dello Stato sociale partendo non da una franca valutazione complessiva e dal superamento, poi, dei suoi principi ispiratori ma mettendo in discussione o cancellando addirittura istituì giuridici e provvidenze che costituiscono pur sempre un momento applicativo di principi che pure non si mettono formalmente in discussione.

 Tanto per esemplificare nel concreto, è palese che il complesso meccanismo attuariale di determinazione delle contribuzioni INAIL finisce per trasformarsi in un “non senso” quando si verifica, poi, l'utilizzo dei fondi corrispondenti alle riserve assicurative dell'Istituto, private di qualsiasi collegamento con la funzione di garanzia loro propria e della possibilità di essere gestite come tali, anche modulando l'ammontare dei premi di equilibrio.

Allo stesso modo, per restare alla nostra riflessione, occorre recuperare, in vista di riforme strutturali, la necessità di partire dalle per valutarle tutte assieme come espressione di un sistema e poi trarre conseguenze in termini di sopravvivenza, soppressione, riforme. Si potrà tenere conto, ad esempio, della circostanza che nel caso della indennità di malattia si tratta di prestazione sostitutiva del reddito da lavoro finanziata da contributi di stampo previdenziale; nell'AGO di prestazione previdenziale, frutto dell'accumulo  di contributi versati dagli iscritti (senza  tirare in campo il riferimento retributivo della prestazione ormai abolito); in un altro campo ancora di prestazione assistenziale, legata all'obiettività di una menomazione rispetto alla quale l'ordinamento ritiene che il soggetto debba fruire di prestazioni sufficienti per tutta la vita.

Anche in quest'ultima fattispecie, che più sembrerebbe prestarsi a manipolazioni assistenzialistiche, l'interessato matura il diritto sulla base di una ponderazione dei diritti dell'individuo e degli obblighi della famiglia tradotta nell'ISEE che punta essenzialmente su valori reddituali e non anche su elementi patrimoniali quale l'indennizzo corrisposto per la perdita di valori uomo economicamente apprezzabili da reintegrare senza nessuna arricchimento improprio.

Pertanto, nel momento in cui si accentua – privilegiandolo – il ruolo del diretto rapporto dell'INPS con l'assicuratore anche nel campo delle classiche prestazioni previdenziali, si sposta  il riflettore dalla catalogazione di diritti e obblighi prima richiamata, per addentrarci rozzamente in un sistema di assistenza gestito da uno Stato “sovrano” che decide forse per il meglio, ma in totale solitudine. Concede o toglie in modo slegato dalla realtà dei bisogni,  dalla affidabilità di diritti via via riconosciuti e attento piuttosto all'obiettivo primario della quadratura dei conti E'. Né sfugge il fatto che si tende a concedere i benefici tramite fondi speciali (anche per l'assicurazione infortuni (16) legando la concessione allo stanziamento di una certa somma, anno per anno e con la possibilità di chiudere all'occorrenza questo “rubinetto” di spesa.

L'ansia di fare cassa, di garantire risorse aggiuntive al sistema – obiettivo di per sé lodevole sul quale torneremo da ultimo – porta a trascurare, inoltre, il rispetto degli stessi principi del sistema assistenziale nel senso che, ammettendo che il risarcimento costituisca un arricchimento che modifica lo status economico dell'interessato, la soluzione rigorosa dovrebbe esser  – in analogia a quanto si verifica per il “cumulo” fra rendita e pensione -  la riduzione proporzionale del beneficio assistenziale o previdenziale, senza incidere sul diritto dell'interessato all'integrale risarcimento del danno subito. In un'altra lettura, però, il meccanismo ha una sua logica perché: - si garantisce che l'interessato possa beneficiare della pensione (spesso di modesto ammontare) in misura piena a fronte di un indennizzo in capitale che, l'esperienza insegna, potrebbe esaurirsi rapidamente per esigenze proprie o familiari; - si evita un notevole contenzioso; - c'è la speranza di poter contare su risorse sicure, pur dovendo scontare la resistenza degli assicuratori.

 L'esperienza applicativa dell'istituto confermerà, probabilmente, come sia un ginepraio, proprio per la differenza ontologica fra risarcimenti e pensione sulla quale torneremo da ultimo. Sul piano generale si intravede l‘idea di Stato sociale che, da un lato, sia motore sussidiario della ripresa economica e produttiva (è il senso del welfare attivo), dall'altro, superando gli interventi a pioggia, si  preoccupa in via prioritaria dei soggetti autenticamente bisognosi, identificati  con prevalente riferimento al fattore economico: la capacità economica, appunto,  persona e familiare che l'interessato può proporre come  strumento insufficiente – per  contingenze di mercato o per menomazioni - per soddisfare i suoi bisogni.

L'obiettivo può considerarsi senz'altro condivisibile poiché prende atto che le risorse sono limitate e occorre valorizzare l'efficacia degli interventi sociali. Nei fatti, però, c'è il rischio che, continuando sulla strada fin qui seguita  senza affrontare il problema con le riforme strutturali sempre in attesa,  si finisca per allinearsi  di strappo in strappo al “trend”  dei sistemi sociali  del resto d'Europa, con attenzione per un disagio sociale in continua espansione soggettiva (si considerino le ludopatie, ad esempio) che contraddica il principio guida. Ci si potrebbe ridurre, così, a un ordinamento che decida Motu proprio (non per precedenti rapporti “contrattuali”, non per diritti di garanzia riconosciuti agli interessati) di erogare prestazioni definite sufficienti ai sensi dell'art.38, 1° co. della Costituzione  con puntigliosa verifica della autenticità della condizione.

Del resto, la motivazione fondamentale – far cassa e ridurre la spesa sociale effettiva – traspare dal fatto che non si punta sul danneggiante ma si privilegia l'assicuratore che meglio garantisce disponibilità di risorse e a collaborare e dallo stesso parlare atecnico di “recupero delle spese sostenute”. Traspare, altresì, dalla cura che l'INPS pone (seguendo la legge del 2010 con l'articolo 42, del resto) nel disciplinare i meccanismi telematici di segnalazione degli eventi potenzialmente lesivi da parte di soggetti pubblici, di professionisti privati (cfr. al riguardo, la circolare INPS prima citata) e, ovviamente di compagnie di assicurazione. Un altro scambio, in definitiva, fra certezze e valore al pari di quello che traspare dalla recente riforme che da un lato introduce l'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile dei sanitari, dall'altro, ridimensiona – con meccanismo tabellare – il valore dei relativi risarcimenti altrimenti riconosciuto nei tribunali.

Pur in prima lettura, è chiaro, dunque, che il decreto del marzo scorso se, da un lato, è una tappa significativa di una traiettoria di riposizionamento delle prestazioni sociali nel sistema vigente, dall'altro, può promuovere l'inizio di una riflessione più approfondita sul welfare e sui temi generali che riaffiorano continuamente nel dibattito scientifico e politico, nel succedersi di provvedimenti e leggi che vanno in una direzione e poi nell'esatto contrario ecc.

E' sicuramente opinione diffusa l'insostenibilità della spesa sociale per livelli assoluti e composizione, tutta squilibrata verso le componenti pensionistiche redistributive, a scapito di quelle di sostegno del dinamismo occupazionale per politiche di flexisecurity: flessibilità dell'occupazione, cioè, accompagnata da solidi strumenti di sostegno per il fisiologico (negli auspici)  alternarsi di periodi di occupazione.

Per questo non appaiono certamente incongrue e negative politiche volte a concretizzare in vario modo e con sollecitudine questa linea di indirizzo, sicuramente a valido supporto per rinnovate politiche per l'occupazione; tutto questo anche a scapito di ridimensionare attese di trattamenti del “vecchio mondo. C'è da riflettere, però, sul fatto che un sistema come l'attuale, costruito in quasi un secolo di storia, profondamente incardinato nel tessuto sociale e economico del Paese, con il supporto di una miriade di leggi e di un impianto giurisprudenziale che induce a qualificarlo come “pretorio”, non può essere smontato, però, con brevi tratti di penna, con nuovi modelli, pur necessari e convincenti sul piano equitativo e giuridico. Per tutte valga l'esperienza degli esodati.

Inevitabilmente, quindi, il movimento di riforma continuerà ad avere un andamento sussultorio con continui “stop and go” e l'esigenza di accompagnare misure strutturali profonde con  interventi a grosso impatto mediatico e emozionale, generalmente operanti su terreni che offrano o sembrano offrire minore resistenza. Così, le campagne contro le pensioni d'oro e contro i falsi invalidi hanno costituito negli anni il sicuro segnale dell'approssimarsi di manovre di ben più ampio respiro di “tagli” per la generalità dei pensionati o dei cittadini invalidi; al pari dei controlli con incroci di archivi, puntualmente riproposti nei ricorrenti provvedimenti di condono previdenziale. Nello stesso filone s'inseriscono, sempre per esemplificare, provvedimenti come l'abolizione tranciante di tutti gli istituti collegati con la causa di servizio nel pubblico impiego.

Lo stesso tema di cui ci occupiamo può rientrare, in definitiva, fra i provvedimenti che potrebbero essere irreprensibili e doverosi se adottati in un contesto di trasparente rilettura dell'intero sistema che consentirebbe di interrompere la catena di scelte episodiche per le quali, una volta adottate, si coglie che hanno creato una nuova ingiustizia, disparità di trattamento, seppur in sostituzione - ci si augura – di quella che si intendeva cancellare.

Questa riflessione ci consente di concludere ritornando sul tema iniziale per sottolineare come la natura stessa delle pensioni di invalidità mal si resti al meccanismo della surroga o rivalsa o recupero che dir si voglia (17), poiché alla base di dette provvidenze non c'è l'evidenza di un atto individuale, bensì uno stato invalidante che l'interessato può far valere, se e quando vuole, frutto della concorrenza di elementi patologici più svariati, traumatici e non, professionali e non.

Non solo, ma per il loro collegamento – nel caso dell'assicurazione IVS – alla vita lavorativa (a fronte di un ritiro effettivo o potenziale dal lavoro) il requisito sanitario si costruisce spesso nel tempo, con la partecipazione solo eventuale di un fatto colposo di un terzo (datore di lavoro, automobilista, medico curante ecc.) che risalga alla notte dei tempi. Non è un caso che proprio le circolari INPS dedichino ampio spazio a meccanismi volti a garantire la possibilità di rivalsa, con un intricato meccanismo di scambi di informazione fra Assicurazioni e INPS che sembra trascurare, nella sostanza, la posizione del soggetto interessato e la difficoltà di molti comprimari (i medici di base per le indennità di malattia) a svolgere un ruolo attivo.

E' probabile, quindi, che il recupero riguarderà soprattutto i gravi infortuni con immediate ricadute assistenziali o previdenziali mentre resterebbe sullo sfondo la complessità di situazioni nelle quali la persona – che, magari, continua a lavorare dopo un incidente – possa gestire la propria domanda di prestazione previdenziale o assistenziale in ragione ad esempio di un maggior accumulo di contribuzioni previdenziali.  Su un altro versante, ma con identica complessità aggravata dalla polverizzazione del quadro di riferimento, la possibilità di rivalsa riguarda la generalità dei danni potenzialmente rilevanti, con in prima fila quelli da responsabilità medica per la quale, non certo a caso, il legislatore ha avvertito di recente il bisogno di un intervento regolatore.

Tutto questo accade con sicuro dispendio di risorse organizzative e professionali dell'INPS, il rischio di un coinvolgimento in prospettiva oneroso dell'intero corpo sanitario pubblico, e con accelerazione del processo di trasformazione dell'INPS da istituto che negli anni era riuscito a legittimarsi per la capacità di prender in carico la sua clientela, comunque bisognosa di attenzioni e cure, in un ente regolatore del welfare, il guardiano della sua equità a tutela della sostenibilità della spesa pubblica; un compito certamente coerente con la sua missione, trattandosi di garantire la sopravvivenza dello Stato sociale, ma che richiederebbe una continua verifica di convenienza, da questo punto di vista, delle iniziative adottate.    

In questa prospettiva riteniamo come, proprio prendendo spunto dal decreto per le invalidità civili e in attesa del chiarimento generale, di sistema, occorra riordinare con urgenza l'intera materia dei rapporti fra risarcimenti privati e provvidenze sociali, considerata la crescente  intersezione fra loro di tutte queste vie.

 Un tema su tutti è interessante per cogliere la complessità, è il divieto di cumulo che riguarda situazioni esattamente sovrapponibili per l'evento dante causa. E' principio consolidato in giurisprudenza per i rapporti fra rendita e pensione dal quale riteniamo si possa partire come criterio generale per proseguire il ragionamento su quale debba essere l' ”oggetto” da considerare  per la sovrapposizione. Il quesito potrebbe essere liquidato anche per le pensioni assistenziali partendo dalla ovvietà del riferimento al medesimo evento lesivo per giungere però a un confronto condotto non con riferimento all' ”incidente” (di per se irrilevante per la pensione che, come si è detto, considera uno stato) ma alla lesione prodotta o, meglio ancora, al danno provocato.

La questione trova soluzione positiva già nell'arti. 142, IV co., (surroga e rca) che prevede che l'assicuratore sociale non può esercitare l'azione surrogatoria con pregiudizio del diritto dell'assistito al risarcimento dei danni alla persona non altrimenti risarciti». Un principio di portata generale nel campo dei rapporti fra previdenza e responsabilità civile per i quali la giurisprudenza è ferma nell'affermare che la richiamata sovrapponibilità deve riguardare non il generico riferimento a un medesimo fatto scatenante, ma la lesione-danno per come qualificata e riconosciuta nel sistema previdenziale.

“”In  questo caso, cioè, Il diritto del danneggiato al risarcimento integrale del  danno alla persona dallo stesso sofferto prevale, ove incompatibile, sull'esercizio integrale del diritto di surrogazione. Il rischio che la vittima dell'illecito possa non conseguire ristoro per l'intero danno patito aumenta esponenzialmente con l'incapienza del massimale assicurato; infatti, qualora il massimale sia incapiente e l'assicuratore della r.c.a rimborsi per intero l'assicuratore sociale prima di ristorare la vittima, questa perderebbe la possibilità di conseguire il risarcimento di quei danni alla persona non altrimenti risarcibili. Proprio in questi termini deve essere letta la limitazione posta dal quarto comma dell'art. 142 cod. ass. all'esercizio del diritto di surrogazione: il danneggiato ha il diritto di conseguire dal responsabile o dall'assicuratore della r.c.a il risarcimento integrale del danno alla persona, anche in pregiudizio della pretesa surrogatoria dell'assicuratore sociale, nei soli casi in cui il suddetto danno non potrebbe essere altrimenti risarcito. Ma se il danno alla persona è in tutto o in parte coperto dall'indennità previdenziale (il danno biologico oggetto di copertura previdenziale ai sensi dell'art. 13 del D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38), il relativo credito del danneggiato sarà automaticamente soggetto a riduzione (18)

Alla base, dunque, c'è il fatto che dall'evento possono derivare varie figure di danno alla persona, non tutte coperte o coperte per intero dall'assicurazione infortuni e sicuramente non considerate dalla AGO, per la pensionistica di invalidità e meno che mai per l'invalidità civile riferita alla capacità di lavoro o guadagno con esclusione di altre voci consolidatesi nel diritto “vivente” e nella legislazione. Una soluzione, c'è da ritenere, che pacifica in linea di principio, dovrà attendere il consolidarsi delle esperienze per un definitivo assetto.

Il sistema assistenziale, insomma, è ricondotto a mano a mano, a una funzione specifica e residuale, in una concezione generale che intende privilegiare interventi di tutela attiva a scapito di provvidenze che siano mera registrazione di situazioni di bisogno e che, oltretutto, rischiano di compromettere aspettative degli interessati che poco hanno a che vedere con la dimensione assistenziale una volta che lo Stato ha abdicato alla tentazione totalizzante di un tempo, proponendosi un pur graduale ritiro dal mercato dei servizi sociali.

        La tendenza di fondo appare una progressiva perdita di interesse per ideologie previdenziali a lungo determinanti, a vantaggio di politiche dinamiche di governo del sistema economico-sociale con l'obiettivo di recuperarne l'elasticità o quanto meno di ridurne l'altissimo tasso di anelasticità degli assetti e delle spese. Si parla, sempre più di efficienza ed efficacia non solo delle spese ma anche per le soluzioni politiche a monte di esse e si privilegiano soluzione assistenziali (prestazioni determinate dagli stanziamenti a monte) con il  trasparente obiettivo di evitare soluzioni strutturate che ingessino la spesa pubblica, privando il legislatore della possibilità di modulare le scelte.

        L'attenzione per i profili di economicità finanziaria e organizzativa delle scelte trova conferma la vicenda del recupero delle spese sanitarie da parte delle ASL nelle ipotesi di cure a seguito di evento lesivo colposo. Il “pendant” della situazione riguardante il recupero delle spese per indennità di malattia dell'INPS prima richiamato, rispetto alla quale il testo (aggiornato da art.26 della legge 125/1975) dell'art. 11 bis della legge 990 del 1069, prevedeva che:  “ Sui  premi  delle assicurazioni rca per  i  danni  causati  dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti  si  applica un contributo sostitutivo delle azioni spettanti alle regioni e agli altri enti che erogano prestazioni facenti carico al  SSN (19) nei confronti dell'assicuratore, del responsabile  o  dell'impresa  designata  a  norma dell'art. 20 della legge  990/1969 per il rimborso delle prestazioni erogate  ai  danneggiati  dalla  circolazione  dei medesimi veicoli a motore e dei natanti  2.  Il  contributo  si applica, con aliquota del 6,5%,e  l'assicuratore ha diritto di rivalersi nei confronti del contraente per l'importo del contributo.

A fronte di tale disposizione, successivamente,  la legge 449/1997 all'art. 38 prevedeva che

1. L'aliquota del contributo di cui all'articolo 11-bis della legge 24 dicembre1969, n. 990, introdotto dall'articolo 126 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 175, è elevata alla misura del 10,5 per cento con decorrenza dal 1o gennaio 1998. 2. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, è emanato, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, un regolamento per la disciplina concernente il rimborso delle prestazioni erogate a favore dei cittadini coinvolti in incidenti causati dalla circolazione di veicoli a motore o natanti o a seguito di infortuni sul lavoro o malattie professionali. 4. Le disposizioni regolamentari di cui al comma 2 entrano in vigore il 1o gennaio 1999; da tale data non è più dovuto il contributo di cui all'articolo 11-bis della legge 24 dicembre 1969, n. 990, introdotto dall'articolo 126 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 175.

        In realtà la norma in questione, di rinvio in rinvio non è mai entrata in vigore fino all'intervento del nuovo Codice dell'assicurazione che nel suo articolo finale (354) la annovera fra quelle espressamente abrogata, riprendendo implicitamente valutazioni fatte proprie dall'originario

 testo del disegno di Legge finanziaria del 1998 nella cui Relazione a motivazione della abrogazione del sistema a rimborso in favore dell'originario sistema “forfettario” di aumento percentuale del contributo al SSN  si leggeva che “La relazione tecnica che accompagna il provvedimento in esame evidenzia che l'incremento del contributo assicurativo sostitutivo delle azioni di rivalsa determina un flusso finanziario che si ritiene in linea di massima già sufficiente a compensare il costo delle prestazioni ospedaliere erogate a seguito di incidenti stradali. Per quanto riguarda gli infortuni sul lavoro o le malattie professionali, il Governo ritiene più opportuno rinviare alla specifica normativa in corso di elaborazione per i rapporti tra INAIL e Servizio sanitario nazionale.” (20)

        Nella sua concisione il passo della relazione rende con efficacia, a nostro avviso, lo spostamento di attenzione da motivazioni di ordine ideologico o sistematico – mantenere coerente in tutti i suoi aspetti il sistema delle surroghe e rivalse – a valutazioni di sostanziale economicità di gestione e finanziaria, con le quali non si può non concordare nell'ottica di governo del sistema alla luce delle quotidiane esperienze di sperpero di risorse finanziarie, organizzative e professionali nel rispetto assoluto di principi e regole pur di per sé valide.

        La riflessione, oltretutto, trova ulteriore conferma nella circostanza che il mondo delle assicurazioni si va sempre più differenziandosi, per singoli istituti, da quello specifico della Responsabilità Civile Automobilistica che, per la sua natura molto vicina a quella delle prestazioni previdenziali e assicurative sociali si presta ad una considerazione più vicina alle regole di queste ultime, con possibilità di promuovere più stretti raccordi di sinergie nell'interesse dei clienti singoli e della collettività di persone tutelate dall'uno e dall'altro sistema.  

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NOTE

http://webcache.googleusercontent.com/search?q=cache:d8nbuvOx_7gJ:www.lavoro.gov.it/Strumenti/normativa/Documents/2013/20130319_DI.pdf+&cd=6&hl=it&ct=clnk&client=gmail

2 Un termine  più breve del classico 180 giorni, a dimostrazione della volontà di Parlamento e Governo di sollecita attuazione che, in coerenza, è intervenuta in appena tre anni, confermando sconcerto e perplessità su questa modalità di legiferare, sulla quale v. le nostre considerazioni critiche sulle modalità di legislazione ormai consolidate in , https://www.studiocataldi.it/news_giuridiche_asp/news_giuridica_14317.asp

3 Nel contesto, peraltro, di ordinari canoni di rapporti fra un assicuratore ed un suo cliente danneggiato dal comportamento colpevole di un soggetto terzo. La normativa dell'assicurazione infortuni (Decreto 1124 del 1965) dà per scontati tali rapporti nel momento in cui con riferimento al datore di lavoro del lavoratore infortunato specifica che, a certe condizioni lo stesso datore di lavoro è esonerato, appunto dalla predetta responsabilità, con riflessi sui rapporti dell'INAIL con detto responsabile.

4' Si legge nella circolare che “l'art. 14, della legge 12 giugno 1984, n. 222, dispone che l'Istituto erogatore delle prestazioni previste dalla legge medesima è surrogato, fino alla concorrenza del loro ammontare, nei diritti dell'assicurato o dei superstiti verso i terzi responsabili e le loro compagnie di assicurazione. A tal fine, il valore capitale della prestazione pensionistica è calcolato applicando i criteri e le tariffe che sono stati fissati con il  decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale del 20 marzo1987, incorso di revisione per il mutato scenario di riferimento normativo. Il predetto art.14 ha “codificato" in modo specifico l'istituto della surrogazione consentendo di intervenire o di agire in via diretta per il recupero delle prestazioni erogate o, in capitalizzazione, da erogare nelle diverse ipotesi di accertata inabilità o invalidità dell'assicurato.

L'Istituto, quindi, è legittimato a recuperare dai terzi responsabili e dalle loro compagnie di assicurazione, gli importi dovuti in caso di riconoscimento di pensione di inabilità o di assegno ordinario di invalidità, allorché l'evento posto a base delle accertate patologie, dipenda da fatto imputabile a responsabilità di terzi  Pertanto, rimane ferma per l'Istituto, ricorrendone i presupposti di fatto, la possibilità di ottenere, da coloro civilmente responsabili, il rimborso dei ratei corrisposti a titolo di pensione di inabilità/assegno ordinario di invalidità, tra la data di presentazione della domanda e quella del decesso dell'assicurato, ai  sensi dell'art. 14 della legge n. 222/1984. Il predetto articolo sancisce anche l'azione di surrogazione volta al recupero delle somme erogate a titolo di pensione privilegiata di inabilità disciplinata dall'art. 6, trattandosi di una prestazione introdotta e prevista dalla Legge n. 222/1984. La legge n. 183/2010, infine, ha previsto il recupero anche delle prestazioni assistenziali spettanti agli invalidi civili, corrisposte in conseguenza di fatto illecito di terzi, completando il quadro normativo delle azioni surrogatorie e di rivalsa  

5Per il quale v. circolare INPS 15/2011 che ne illustra il testo con accurate istruzioni operative riportata in https://www.inps.it/bussola/visualizzadoc.aspx?svirtualurl=/circolari/circolare%20numero%2015%20del%2031-01-2011.htm 

6 http://www.piemmenews.it/index.php?option=com_mtree&task=print&link_id=1725&tmpl=component&Itemid=7 per la circolare che ricorda come “” anche l'articolo 142 del Codice delle Assicurazioni (D.Lgs. n. 209/2005) ribadisce – nell'ambito della assicurazione per la rca - l'obbligo per le imprese di assicurazione di rimborsare le spese sostenute dall'Istituto per le prestazioni erogate al danneggiato. In particolare, il comma 2 dell'articolo in parola dispone che l'impresa di assicurazione, prima di provvedere alla liquidazione del danno, è tenuta a richiedere al danneggiato una dichiarazione attestante se lo stesso ha o non ha diritto a prestazioni da parte di Istituti che gestiscono assicurazioni sociali obbligatorie. Nel caso in cui il danneggiato dichiari di avere diritto a tali prestazioni, l'impresa di assicurazione è tenuta a darne comunicazione all'INPS, che deve rispondere entro quarantacinque giorni (per le indennità di malattia con la modifica apportata dall'art. 42, comma 3, legge n. 183/2010 oggi quindici giorni), decorsi i quali, senza dichiarazione di volersi surrogare nei diritti del danneggiato, l'impresa di assicurazione potrà disporre la liquidazione definitiva in favore del danneggiato.”””

7 Il prevalente orientamento dell'epoca di questi interventi alla tutela della salute collettiva e all'”ordine pubblico”  trova conferma nel fatto che l'intera materia era ricondotta alla responsabilità del Ministero degli interni, compresi gli aspetti riguardanti la sanità pubblica, “estratta” da questo Ministero solo in epoca recente, con un Alto commissariato, prima, e un vero e proprio dicastero, poi.

8 Con, al centro, il ruolo della condotta medica come strumento di garanzia di disponibilità di cure, per tutti, e di gratuità delle stesse, per i “poveri” iscritti in apposite liste. Un po' quello che di fatto si sta realizzando nel SSN con garanzia di presenza sanitaria per tutti, con diversa gradazione della partecipazione alla relativa spesa basata sullo strumento dell'ISEE su un versante e, su altro versante, dal crescente ruolo delle assicurazioni private ddi welfare contrattuale e dell'intramoenia nell'ambito dei servizi pubblici

9 Per uno esemplificativo e schematico richiamo delle varie tipologie di sistemi di welfare v. in Rete Web, I modelli diwelfare.pdf

10 Così nel disegno di legge di delega  per la riforma fiscale e assistenziale del 2010, poi naufragato, dove si parla esplicitamente  di autentici bisognosi, inizialmente confusi con il tema dei falsi invalidi, mentre ci si intendeva riferire alla situazione delle persone bisognose, il cui bisogno doveva essere verificato però alla luce della complessiva situazione economica anche familiare. Per il testo dell'articolo sulla riforma dell'assistenza nel disegno di legge dell'epoca  si v. http://www.quotidianosanita.it/governo-e-parlamento/articolo.php?articolo_id=4694

11 Lo conferma la circostanza che ogni tentativo anche recente di porre mano, magari con “scorciatoie” di dubbia costituzionalità, a una riforma strutturale, si è tradotto in  uno “stop and go” continuo che ha vanificato la spinta riformatrice. E ciò lungo l'iter di approvazione della riforma, ma anche in periodi più ampi come accadono per la riforma della prevenzione infortuni che impostata nel 2008 hanno subito un primo controllo con il decreto 106 del 2009 per esser poi continuamente ritoccata in modo sistematico in tutti i provvedimenti “salvifici” successivi con il rischio di assumere la fisionomia di tante persone migliorata con apporti continui di botulino.

12 Da ciò tutta una serie di distinguo, che vanno anche di là del tema in oggetto per quanto riguarda, ad esempio la tassabilità dell'indennità di temporanea INAIL nel presupposto che altrimenti il soggetto riceverebbe più di quanto avrebbe diritto come retribuzione.   Per una ricognizione di questi temi e principi riferita a diversa prestazione previdenziale v. http://www.laprevidenza.it/news/ammortizzatori-sociali/cumulo-assegno-o-pensione-di-invalidita-e-trattamenti-di-disoccupazione/5610 con riferimento ai rapporti fra pensione di invalidità e trattamenti di disoccupazione.

13 http://www.diritto.it/materiali/sanitario/merlo.html  con un articolo di MERLO, Della rivalsa degli enti pubblici in tema di erogazione di prestazioni socio-assistenziali e sanitarie che compie un'accurata analisi sottolineando fra l'altro come le conclusioni per la rivalsa sanitaria – abrogata, come vedremo – non possono essere trasferite automaticamente alla rivalsa per spese di assistenza sociale ex art. 38, 1° comma della costituzione. V. anche sul tema http://www.fondazionepromozionesociale.it/PA_Indice/125/125_parenti_dei_ricoverati.htm

14 Senza entrare nel merito,  queste indicazioni appaiono interessante traduzione, per un caso di specie, dell'idea di fondo che poneva al centro del meccanismo di diritti e doveri il ruolo della famiglia, primario operatore di welfare, rispetto al quale lo Stato a tutela di superiori interessi collettivi si faceva garante dell'intervento assistenziale di volta in volta necessario quasi per conto, però, della famiglia alla quale chiedere poi il rimborso di quanto versato in presenza di determinate condizioni.

15 La più lucida rappresentazione, pur sintetica, di questa traiettoria di sviluppo del welfare è, a nostro avviso, nel Libro Verde del Ministro Sacconi, per una sintesi del quale v. http://www.aio.it/ministro-sacconi-presenta-il-libro-verde-sul-futuro-del-modello-sociale.html

16 Così per la concessione di ulteriori benefici ai superstiti di lavoratori deceduti sul lavoro; per la concessione di un adeguamento ISTAT del valore punto per l'indennizzo danno biologico; per il fondo vittime dell'amianto.

17 I termini non sono sinonimi, se non per comodità di esposizione, tenuto conto che già nell'assicurazione infortuni sul lavoro si sottolinea che l'azione – espressamente prevista dall'art, 1916 ( e correlato 2043) del codice civile  - possa considerarsi più che una vera e propria surroga una forma di successione nel diritto di credito del lavoratore nei confronti del responsabile civile, con la conseguenza, fra l'altro, che il danneggiante può proporre all'INAIL solo le eccezioni che avrebbe potuto proporre al lavoratore. (Sul tema, in sintesi, v.  Casale-Murolo-Traficante,  L'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali, Napoli, 2008, 381) Nel caso nostro, l'espressa menzione dell'assicuratore farebbe pensare a un'ulteriore ipotesi nella quale danneggiante e assicuratore sembrano stare “a pari” rispetto alla pretesa dell'Istituto.

18 Così Spagnolo* - Calandrino, la surrogazione degli assicuratori sociali (art. 142 d.lgs., 209/2005) in http://www.spagnoloassociati.it/public/SurrogazioneAssicuratoriSociali.pdf   e per una lettura generale del sistema di relazioni MERLO, Della rivalsa degli enti pubblici in tema di erogazione di prestazioni socio-assistenziali e sanitarie, op.loc.cit 

19  Non è l'ipotesi, quindi, in cui le spese in questione siano state sostenute da assicurazione sociale (al momento ipotesi residuale considerato il ruolo del SSN, se non per prestazioni con ticket rimborsabile o per prestazioni a carico di regimi assicurativi obbligatori privati, ad esempio, ovvero di welfare contrattuale. Tali ipotesi, infatti, rientrerebbero nella disciplina dell'articolo  28 del decreto 175 del 1995 secondo il quale Le somme dovute dall'assicuratore o dall'impresa designata a norma dell'art. 20 al danneggiato per ricovero in ospedale o ambulatorio di pronto soccorso pubblico o privato o al domicilio; ……. debbono, se non garantite da altra assicurazione obbligatoria, essere corrisposte direttamente a coloro che le hanno anticipate, purché ne facciano richiesta prima che sia stato pagato il risarcimento al danneggiato. Qualora il danneggiato sia assistito da assicurazione sociale, l'ente gestore dell'assicurazione sociale ha diritto di ottenere direttamente dall'assicuratore del responsabile o….. il rimborso delle spese sostenute per le prestazioni erogate al danneggiato ai sensi delle leggi e dei regolamenti ……

20 Il testo completo dello stralcio della relazione è in http://www.euganeo.it/parlamento/i-p206.htm

Data: 19/10/2013 11:00:00
Autore: Pasquale Acconcia